21 Luglio 2016 - 12:06

Ddl Tortura a 15 anni da Genova

Ddl Tortura a 15 anni da Genova

Il Ddl Tortura si blocca al Senato nel giorno dell’anniversario del G8 di Genova. Fra strategie partitiche e “volemose bene”, il provvedimento sembra destinato a una soluzione al ribasso

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La memoria storica è una delle maggiori armi a disposizione dell’uomo sia per evitare gli errori del passato sia per “scacciare” quanto di immorale fatto negli anni precedenti.

Questo importantissimo strumento è ricordato in un monumento presente a Dachau in cui è incisa la frase “Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.

Questa maledizione, che indica il percorso per coloro che “dimenticano facilmente”, può essere riscontrata in un altro episodio significativo presente nella nostra penisola.

Nel giorno dell’anniversario del G8 di Genova, caratterizzato da violenza e annullamento dei diritti umani (soprattutto con la scuola Diaz e il carcere di Bolzaneto), l’Italia si (ri)trova ad affrontare la spinosa questione Tortura inserita nel ddl omonimo.

Ddl Tortura

Ddl Tortura

La “memoria corta” è sempre stata una peculiarità del popolo e dei governanti italiani e anche il Ddl Tortura non si è sottratto per nulla a questo tipico vortice italico.

Nonostante i richiami della CEDU il 17 aprile dello scorso anno e le relative ammende a carico dello Stato, il provvedimento è, praticamente, bloccato al Senato.

La questione, di per sè particolare, mostra una delle gestioni maggiormente strategiche nella “tenuta del potere” tanto da parte della maggioranza (relativa) quanto dell’opposizione.

Infatti, dopo l’approdo alla Camera, è stato fatto slittare il voto finale grazie alla decisione della Conferenza dei capi gruppo su richiesta di Forza Italia, Lega Nord e Conservatori e Riformisti.

Questo episodio, particolare come quelli accaduti in altre situazioni (vedi Ddl Cirinnà), mette in evidenza due elementi specifici che ben si accoppiano sia con il referendum costituzionale che con il celebre modo di fare all’italiana del “volemose bene”.

Per quanto riguarda il primo elemento, la tattica “salva governo” utilizzata è fin troppo evidente.

Le acque agitate di questi giorni (con le discussioni all’interno di Ncd e Udc) hanno messo in allarme tutto l’ambito governativo che, con un abile stratagemma, ha preferito rinviare la discussione del Ddl Tortura, fortemente osteggiato dagli “alleati” centristi (?), per tentare il “colpaccio unitario” durante il referendum costituzionale.

Questo “escamotage” tattico ha permesso sia di “tranquillizzare” Ncd&co (ma anche Forza Italia) sul prosieguo legislativo renziano che giungere, in un secondo momento, all’approvazione di un provvedimento “soft” che non elimina il problema ma “accontenta” un pò tutti (opionione pubblica compresa).

Nel secondo punto, invece, nonostante la tragedia Regeni (in cui è stata accertata la tortura), emerge il classico “buonismo all’italiana”.

Questo elemento, intrisenco nello spirito nazionale, permette da un lato di accusare pesantemente chi viola i diritti dell’uomo (italiano) in “terra straniera” ma evita, in ogni modo, di fare autocritica quando l’errore è stato compiuto “in casa”.

Da questo punto di vista, a quindici anni dai tragici episodi di Genova, sembra di ripercorrere le pagine del libro “Italiani brava gente?” (di Angelo del Boca) in cui riemergono tutte le “nefandezze” fatte dai nostri connazionali, da sempre rifiutate(storicamente) o negate, in nome di una “democrazia” sbandierata con troppa facilità.

Quando l’uomo “perde” la memoria non solo compie gli stessi errori ma tende, sempre più, a giustificare questi in nome di un più alto interesse nazionale.

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