30 Maggio 2019 - 06:00

12 Monkeys 3: tutti alla caccia del Testimone

12 Monkeys

Nella terza stagione di 12 Monkeys, i temi principali sono la famiglia e la caccia al Testimone. Due temi che porteranno a tante sorprese inaspettate

Sicuramente, parlando di 12 Monkeys, non possiamo non fare il raffronto con il film da cui la serie è tratta. Il capolavoro di Terry Gilliam partiva da un assunto totalmente diverso, concentrava un picco di azione, fantascienza e thriller in poco più di due ore risultando ricco di colpi di scena e suspense. La serie, giunta alla sua terza stagione, invece, cerca di fidelizzare in modo particolare con i suoi personaggi e non con la vicenda, puntando su un’emotività che nel film per lunghi tratti resta nascosta.

La terza stagione di 12 Monkeys resta, ancora una volta, al di fuori delle logiche produttive seriali che pervadono il mondo di Netflix. Contrariamente a tantissimi altri prodotti del colosso streaming, non è un prodotto creato appositamente per essere divorato tramite il binge-watching. Tutt’altro. La serie resta riflessiva, si prende i suoi tempi, ha una programmazione incredibilmente diluita che aumenta la suspense di episodio in episodio fino ad un finale che sconvolge tutto. Qualcuno oserebbe dire che è un vero e proprio film diviso in episodi, dal carattere intenso ed emotivamente sconvolgente.

Un film che racconta ancora una volta le avventure di un James Cole (un ottimo Aaron Stanford), alle prese con il suo sacrificio della linea temporale per combattere il vero male: il Testimone. Un film che non lesina l’impegno degli sceneggiatori e regala un paio di plot twist che davvero cambiano marcia ad una stagione che parte in sordina e finisce per regalare un ottimo prodotto.

Ma andiamo un attimo meglio nei dettagli.

Alle prese col Testimone

In questa terza stagione, 12 Monkeys riprende esattamente da dove la seconda si era interrotta. Cassie (Amanda Schull) è incinta del famigerato Testimone, si ritrova dispersa nello spazio e nel tempo, insieme alle “Scimmie” a Titan. Naturalmente, il compito di ritrovarla e ritornare a far fiorire la missione è affidato alla coppia James Cole/Felicity Jones (Barbara Sukowa), che si rimettono sulle tracce della dottoressa dispersa tramite la macchina del tempo.

La Jones non si fida più tanto di Cole, alla luce dei sentimenti ormai palesi che lo stesso prova per Cassie, che potrebbero annebbiare la missione. A questo punto, dunque, affida il “mercenario” all’ala protettiva della sua ritrovata figlia, Hannah. Da lì parte la missione che li guiderà verso Titan, con cui riusciranno a liberare Cassie.

Giunti al quartier generale delle Scimmie, Cole si imbatte in uno strano personaggio dal look supereroistico, che scopriremo essere lui stesso, il quale lo avvertirà sullo stretto legame con il Testimone e sulla sua (finora sconosciuta) identità. Nel frattempo, Jennifer (una straordinaria Emily Hampshire) si ritrova nel 1922, alle prese con il post-guerra mondiale e con misteriosi trip.

Elementi importanti che giocheranno un ruolo fondamentale nella terza stagione di 12 Monkeys.

La famiglia

Se si dovesse scegliere una parola chiave per descrivere la terza stagione di 12 Monkeys, questa sarebbe sicuramente “famiglia“. Infatti, il rapporto tra Cole e Cassie si farà sempre più intenso e legato, fino a far ipotizzare ai due addirittura uno scampolo di felicità (e a portare alla nascita di un elemento fondamentale).

Ma la famiglia è anche quella creatasi tra Cole e Ramse (Kirk Acevedo), che li farà unire e disunire con una velocità impressionante. La più importante di tutte, però, probabilmente è quella “non di sangue” creata dalla dottoressa Jones, Ramse, Jennifer Goines, Deacon. In lotta nel momento in cui gli obiettivi di Cassie e Cole cambiano rispetto al gruppo. Ma pur sempre una famiglia indissolubile.

La regia è compatta e molto emotiva, e la sceneggiatura non manca di divertire, soprattutto tramite l’humor “inglese” di Cole e tramite la follia della Goines, rendendo più scorrevole la visione. Il tutto mostra una stagione davvero ben equilibrata.

Il punto debole nel punto fondamentale

Ciò che viene a mancare, però, nella terza stagione di 12 Monkeys, è proprio uno dei punti cardine della narrazione: il Testimone. Nel corso degli episodi viene costruita una coerente mitologia del personaggio, riprendendo le fila proprio dove avevamo lasciato la scorsa stagione. Soprattutto negli ultimi due episodi, si intensifica questa sottotrama.

Il problema, però, è che quest’ultimo manca proprio di personalità. Le motivazioni per cui il Testimone diventerà l’acerrimo nemico dei “nostri” sono davvero scarse e troppo semplicistiche, indeboliscono una buona narrazione e la scarnificano senza motivo. La sensazione è quella di voler raccontare troppo in soli dieci episodi, facendo mancare psicologia e pathos alla stessa serie.

Nulla da dire dal punto di vista dell’avventura e degli intrighi. Ma per rendere uno sci-fi più accattivante, la componente emotiva è davvero fondamentale. Un peccato.