5 Dicembre 2018 - 06:00

1983: il nuovo thriller di Netflix che richiama il semi-omonimo 1984

1983

Il nuovo show polacco di Netflix, 1983, attinge molto la sua vena distopica da Orwell. Ma, oltre ad essa, si contraddistingue per i colpi di scena

Netflix ormai non ha più confini, e diventa sempre di più una macchina multietnica dove si accettano produzioni da tutti i Paesi. Questa volta tocca alla Polonia, la patria di registi importantissimi come Andrzej Żuławski e il più conosciuto Roman Polański. Infatti, è proprio da lì che arriva 1983.

La prima produzione originale polacca si contraddistingue per la sua presentazione. Il contesto, infatti, è una particolare distopia in cui i protagonisti, ognuno di loro mosso da una particolare motivazione, si muovono come pedine degli scacchi, in attesa delle mosse altrui.

L’atmosfera di 1983 è delle migliori, richiama molto quella di altre serie già sbocciate e consolidate (come l’amazoniana The Man In The High Castle), ma a differenza di queste ultime la componente “appariscente” è quasi del tutto eliminata. Tutto si muove, ma all’oscuro di tutti. Nessuno sa effettivamente cosa succeda, in un mix di tensione e colpi di scena orientati in un ottimo modo, che attirano lo spettatore.

Ma andiamo con ordine.

Diritto E Giustizia

1983 fotografa un altro momento storico, ovvero quello che ha poi portato la caduta del Muro di Berlino, e ne rovescia completamente l’attitudine. Infatti, la serie creata da Joshua Long immagina un’Europa in cui la caduta del Comunismo non è mai avvenuta. La Polonia, allora, non è mai stata liberata ed è controllata da uno stato totalitario che non permette la libertà di pensiero o la circolazione di nessun bene di consumo considerato dannoso.

Come nella più classica delle dittature, ogni forma d’opposizione è stata completamente azzerata. Le vicende di 1983 iniziano, però, nel 2003. Con più precisione, nei giorni in cui ricorrono i vent’anni da alcuni spaventosi attacchi terroristici che hanno quasi lacerato il Paese. La nazione è tenuta appunto insieme dal nuovo regime.

La trama si concentra sui tre protagonisti: Kajetan (Maciej Musial), studente di legge, Anatol (Robert Wieckiewicz), ispettore che sta indagando su un caso in cui è coinvolta la Resistenza, e Ofelia (Michalina Olszanska), leader dell’opposizione.

Le strade dei tre s’incrociano quando Kajetan ed Anatol verranno chiamati ad investigare su un caso di omicidio comune, che indirettamente coinvolgerà anche il cuore dello Stato.
Ofelia, invece, è impegnata nella propria lotta rivoluzionaria, contro un Governo che ormai controlla tutto e tutti ed opprime ogni forma di idea e pensiero fuori dagli schemi. Ma verrà coinvolta anche lei, quando scoprirà un complotto all’interno della stessa rivoluzione.

Tanta carne al fuoco.

1983… o 1984?

La differenza è poca, ovvero un anno. Ma certamente non si può fare gli indifferenti. Nel bacino di idee da cui proviene 1983, c’è anche il famoso romanzo di George Orwell. Oltre alla palese critica ai regimi totalitari che oggi stanno tornando in auge, la serie condivide con esso anche l’ambivalenza dei gesti.

Il mondo di 1983 è infatti ambiguo, pieno di insidie dietro qualsiasi angolo. A dare testimonianza di ciò, vi è anche una fotografia (ottima) e un’ambientazione ai limiti dell’opprimente, sempre grigia, piovosa e mai soleggiata. Una cura estetica che da sola vale il “prezzo del biglietto“, e che inneggia anche ad ambienti diversi come quello del cyberpunk e del noir.

Altro aspetto fondamentale in comune col romanzo è la variegata presenza di caratteri al suo interno. All’interno della serie, infatti, si incrociano persone convinte che credono nel sistema, altre a cui non interessa minimamente finché una vita tranquilla e sicura è possibile, altre ancora che lo osteggiano completamente.

Inutile dire, poi, che la sua attitudine politica vuole mettere in risalto i meccanismi oscuri che si celano all’interno di ogni dittatura. Merito di una sceneggiatura composta da notevoli colpi di scena e che ad una componente thriller, non disdegna anche quella drammatica e più puramente discorsiva (altro punto in comune con The Man In The High Castle).

Il mondo di 1983 è lo specchio della realtà attuale. Un mondo in cui i personaggi sono costretti a scegliere tra verità o giustizia, tra sicurezza e libertà, tra potere e ribellione. Ed ecco perché assume un fortissimo ruolo e una fortissima attitudine sociologica all’interno dello scacchiere di Netflix.

Le caratteristiche di Anatol e il doppiaggio

1983 riesce anche a rispettare coerentemente la linea cronologica degli avvenimenti. Lo spostamento continuo tra 1983 e 2003, il sistema di flashback/flashforward è gestito in maniera ottima dalla Holland, che ha costruito una sceneggiatura senza apparenti buchi. Il ritmo risulta veloce, molto scorrevole, non disdegnando, però, momenti più calmi ed emotivi.

Le note dolenti, però, si trovano soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi (Anatol in particolare) e nel doppiaggio italiano. Quest’ultimo non adatta particolarmente bene le sue esigenze alla serie, risultando in alcune parentesi molto goffo e raffazzonato. Il più degli spettatori sarà invogliato, dunque, a seguire la serie in lingua originale, e ciò cambia radicalmente il significato delle immagini.

Il personaggio di Anatol, invece, risulta molto stereotipato e rappresenta qualcosa di trito e ritrito. Il solito detective d’esperienza e brillante, stanco dell’autorità e pronto a sfidarla a ogni occasione senza apparenti motivi. Sarebbe stato più concernente all’ambiente e più adatto un poliziotto hard-boiled, sulla scia di Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman) in Altered Carbon. Una persona fuori dagli schemi, tormentato, con più scheletri nell’armadio e pronto continuamente ad infrangere la legge.

Si tratta, però, davvero di piccolezze, di sfumature che sicuramente non influenzano l’ottimo giudizio per la serie.