15 Aprile 2016 - 10:40

A tu per tu con Carlo Striuli

carlo striuli

Carlo Striuli ci conduce nel mondo del teatro dell’opera per far comprendere quanto ci sia oltre l’atmosfera e le grandi prime istituzionali

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Non è facile condurre una conversazione con il Maestro Carlo Struli. La sua capacità di assorbire del tutto l’attenzione dell’interlocutore non lascia spazio ad altro che alla contemplazione, e si finisce per andare oltre l’artista, il personaggio. Ci si lascia travolgere dall’uomo, non dal Maestro, e ci dimentica di essere li per un’intervista.

Il Maestro Carlo Striuli si racconta per la prima volta e ci lascia entrare nel mondo dell'opera lirica

Il Maestro Carlo Striuli si racconta per la prima volta e ci lascia entrare nel mondo dell’opera lirica

Niente registratore, bandite le domande, eliminata ogni tipo di ovvietà sulla sua carriera e i suoi grandi successi, si passa ad altro, si parla di vita. Intanto, tutto attorno al Teatro “Verdi si stanno radunando i musicisti e i cantanti per le prove del pomeriggio. La stagione lirica è in pieno fermento, e il Maestro Striuli sarà tra gli interpreti di grandi classici del teatro dell’Opera, come la Madama Butterfly.

E’ questa un’occasione unica, perché ci si trova difronte ad una persona che, pur avendo avuto una carriera costellata di successi internazionali e collaborazioni prestigiose in tutto il mondo, con i più grandi, è un uomo lontano dal protagonismo, privo di affettazione alcuna. Non ha mai cercato la ribalta, non gli interessa elencare i suoi successi per suscitare ammirazione. Dare voce all’opera attraverso Carlo Striuli vuol dire usufruire di un punto di vista lontano dai tecnicismi e dai paroloni ridondanti.

Per quanto l’opera esprima quelli che all’epoca erano i temi e gli ideali contemporanei – l’unità dei popoli, con i grandi cori che la rappresentavano, gli eroi dalle passioni estreme, i grandi mutamenti nazionali – questi stessi ideali non c’e’ ragione che non possano essere trasposti e fatti propri anche oggi. I tempi sono cambiati, ma i fatti no. Forse i suoi protagonisti, ma non i sentimenti e gli intenti che li muovevano. La religione del nuovo millennio è l’immediatezza, la velocità nell’assorbire e digerire avvenimenti e sensazioni.

E’ probabile che si attribuisca alla rappresentazione operistica una certa “lentezza“, un pathos e una caricaturale esaltazione di determinati aspetti dell’essere umano, anche nella mimica stessa degli artisti in scena, che può risultare quasi “fastidiosa”, quando si è in cerca di emozioni forti ma che lascino poco spazio alla riflessione e alla meditazione.

Il Maestro Striuli cita Joyce, l’Ulysses “Ma sono forse possibili cose che si è certi non sono mai accadute? Oppure è possibile solo quello che è avvenuto? Tessi, tessitore del tempo”.

Lì, difronte ad Otello che subisce le insinuazioni di Jago sul conto della sua sposa, abbiamo l’immediatezza dell’azione, possiamo in quel momento percepire la rabbia e il dubbio del grande generale, che l’attore che lo impersona non renderà mai come ha fatto nella rappresentazione del giorno prima, ne farà durante la replica del giorno dopo. E questa è un‘immediatezza speciale, diversa da quella che altri mezzi di comunicazione visiva, come il cinema, possono dare.

Quello di andare all’opera è ormai, tristemente considerato, uno “status“, una situazione in cui serve “farsi vedere”. Ma il primo attore che prende parte alla rappresentazione, secondo il Maestro Striuli, è proprio il pubblico. Per andare all‘opera si indossa un abito speciale, con cui non si esce di casa tutti i giorni. Si scelgono gioielli preziosi ed eccezionali, che certo non si indosserebbero nella vita quotidiana. E non è quello che fa anche l’attore? Egli indossa un costume per impersonare qualcun altro pur rimanendo se stesso. Questo fa il pubblico dell’opera, impersona se stesso “al meglio”, recita la propria parte, ed entra inconsapevolmente in quella che e’ la rappresentazione.

Si vadano invece a seguire le prove, quando sono aperte. Si potrà entrare davvero nel cuore pulsante di un teatro e assistere alla rappresentazione osservando gli attori con indosso i propri abiti, e non quelli di Rigoletto o Don Carlos. Per non essere distratti dal personaggio e venire pervasi unicamente dalla bellezza della musica e dai dialoghi, dai sentimenti e dagli ideali, li. E sara’ proprio li, soli, in platea, privi dell’apparente sicurezza che “la maschera dello status” ci conferisce che essa cadrà lasciando l’anima nuda.

Proprio come è stato fatto qui, incontrando il Maestro Carlo Striuli, fuori dal palcoscenico, fuori dal personaggio, per carpirne l’essenza, a tu per tu. Egli si è dato, si è lasciato scoprire, almeno un po’.

Un’esperienza fuori dal comune.

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