Alberto Burri, la poetica della ferita e bellezza a Villa Borghese
Una mostra che parla della poetica della ferita alla bellezza, come quella di Valle della Belice colpita dal sisma, quella di Alberto Burri. Interpretata e spiegata dallo psicanalista Massimo Recalcati
Alberto Burri sarà esposto a Roma, dal 23 marzo al 9 giugno il Museo Carlo Bilotti (Aranciera di Villa Borghese), grazie a Magonza Editore.
Per l’occasione ha realizzato un volume pieno di ricerche e testimonianze effettuate da Burri per la realizzazione del suo Cretto Gibellina.
Una mostra che racconta della poetica della ferita nei confronti della bellezza, come quella di Valle della Belice, colpita da un sisma. Essa vive attraverso piccole lacerazioni, disegni di strappi e bruciature inferte al dipinto per rappresentarla.
Lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati ha anche analizzato ed interpretato tutto il suo percorso, attraverso l’osservazione della sua produzione artistica.
La storia del Cretto di Gibellina
Il sindaco Ludovico Corrao, nel del piccolo comune in provincia di Trapani, gli aveva commissionato un lavoro dopo 20 anni dal sisma. Il progetto era stato concepito come un grande sudario bianco sotto il quale si trovavano 90mila metri quadri della vecchia città.
Una lunga ondata di cemento che avrebbe dovuto ricoprirla e calcarla, modo sarebbe diventato un vessillo. Il valore simbolico, esaltato dall’atmosfera agreste della campgna e dei suoi della natura, è quella di un contrasto con il fragore del sisma che si riverbera ancora nell’aria.
Burri è diventato l’artista più importante per la ricostruzione di questo luogo ed il cretto è diventata l’opera di Land Art più grande al mondo.
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