7 Novembre 2015 - 13:26

“Alaska”, Elio Germano cerca la gloria a Parigi

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Dopo “Lezioni di cioccolato” e “Una vita tranquilla”, Cupellini torna nelle sale con “Alaska”, potente dramma a carattere sentimentale. Elio Germano strepitoso

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Deve averci preso gusto Claudio Cupellini a raccontare le peripezie degli italiani all’estero. Dopo “Una vita tranquilla” (2010), in cui Toni Servillo interpretava uno chef che gestiva un hotel-ristorante in Germania, stavolta tocca a Elio Germano indossare i panni dell’emigrante, sempre sullo sfondo di un hotel ma stavolta in Francia. Il regista di Camposampiero ha preso ispirazione da più fonti per partorire “Alaska” (che prende questo nome proprio dalla canzone omonima dei Velvet Underground), attingendo dal romanzo “Il grande Gatsby” (1925) di Francis Scott Fitzgerald, dalla canzone “Tangled Up in Blue” (1975) di Bob Dylanma soprattutto dai film transalpini “La mia droga si chiama Julie” (1969) di Truffaut e “Pickpocket” (1959) di Robert Bresson.

La pellicola, che inizialmente doveva intitolarsi “I principianti” e che è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma, è incentrata sull’ossessione dei protagonisti di cercare la felicità; l’Alaska, che nel film è una discoteca, la rappresenta metaforicamente divenendo qualcosa di misterioso e irraggiungibile. Ma il riferimento allo Stato nordoccidentale del continente nordamericano è inteso anche come il gelo che vivono i personaggi mentre arrancano nella vita di tutti i giorni cercando un’affermazione sociale, nonostante le fragilità ad aprirsi e lasciarsi andare, mettendo da parte i sentimenti a discapito della carriera.

"Alaska", Elio Germano cerca la gloria a Parigi

Elio Germano in una scena di “Alaska”

“Alaska” è un contenitore che esplora diversi generi cinematografici, sarebbe riduttivo definirlo soltanto un dramma sentimentale, assume soprattutto le caratteristiche di un film di avventura; saranno proprio delle vicissitudini molto simili a unire Fausto (Elio Germano) e Nadine (Àstrid Bergès-Frisbey), che si incontrano in un lussuoso hotel di Parigi dove l’attore romano interpreta un giovane italiano che lavora come cameriere col sogno di diventare maître, mentre la ragazza transalpina partecipa con negligenza a un provino per modelle, ritrovando sul suo volto segnato un sorriso smarrito in seguito a qualche battuta di Fausto, mentre fumano un’amara sigaretta scrutando i tetti parigini con il desiderio sfrenato di elevarsi socialmente. Proprio da qui parte la loro fuga, senza riuscire a scappare però dai problemi interiori che li attanagliano, costringendoli prima a perdersi, poi a ritrovarsi per poi prendere nuovamente altre strade. La fame di successo e l’ambizione di Fausto, lo portano a fidarsi di un millantatore di nome Sandro (Valerio Binasco), che lo convince a entrare in società con lui col 25% delle quote per aprire un locale, l’Alaska appunto, sottraendo all’insaputa di Nadine la cifra di 30mila euro che lei aveva messo da parte. La solitudine congiunge le esistenze di questi personaggi che si danno forza l’uno con l’altro, chiudendo il film proprio nello stesso modo in cui si apre, invertendo però i ruoli.

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Àstrid Bergès-Frisbey e Elio Germano in “Alaska”

Uscito nelle sale il 5 novembre, questo è un film emotivamente ricco, denso di ribaltamenti, «di pancia» come ha affermato lo stesso Elio Germano, che per prepararsi al ruolo e imparare la lingua (per metà film i dialoghi sono in francese con i sottotitoli in italiano) si è aiutato a vicenda con la coprotagonista, l’attrice Àstrid Bergès-Frisbey (che in realtà è nata a Barcellona ma parla fluentemente lo spagnolo, il catalano, il francese e l’inglese), dato che le riprese sono state effettuate a Parigi e a Milano. Il set si è spostato anche in Trentino-Alto Adige, a Bolzano infatti sono state girate le scene in carcere durante la prigionìa di Fausto, mentre nella caserma Francesco Rossi di Merano è stato ricostruito quello femminile e sempre nel popoloso comune altoatesino gli spazi interni dell’Hotel Ritz sono stati ricreati al Pavillon des Fleurs del Kurhaus, un salone dallo stile Art Nouveau.

In sostanza, “Alaska” è un buon film che si lascia vedere, trascinato soprattutto dalle interpretazioni efficaci dei protagonisti che lo animano. La sceneggiatura della pellicola si presenta a tratti inverosimile ma lineare, con una narrazione consequenziale, basata su costanti capovolgimenti e pensata esclusivamente per l’intensità di Elio Germano, che dimostra ancora una volta di essere attualmente il miglior attore italiano in circolazione con una prova superlativa, in grado di catturare lo spettatore interpretando un personaggio dominato dalla temerarietà nella ricerca di comprensione e fiducia, incappando spesso nell’errore e capace di creare un’alchimia naturale con Àstrid Bergès-Frisbey, soprattutto nella scena del bistrot, esprimendo una totale genuinità in uno dei momenti cruciali e più rabbiosi del film.

«È un film che parla di sensazioni forti, dell’amore viscerale e di quello che questo produce nel bene o nel male. Sono tutti personaggi che nascono soli, senza niente e nessuno. È una grande storia d’amore, ma l’amore tanto più è forte quanto più è pericoloso» ha detto l’attore romano, noto anche per la sua riservatezza.

Claudio Cupellini sul set di “Alaska”

La cura estetica di Cupellini sfocia in un’impostazione registica classica con campi e controcampi senza tralasciare i piani sequenza (come nella scena dell’obitorio), muovendo la macchina da presa anche in modo nervoso in alcune circostanze, unendo poi i contrasti per renderli più armoniosi nelle fasi meno concitate. Nel film appare in un paio di scene Marco D’Amore, protagonista di una rissa con Fausto; l’attore casertano ha già collaborato col regista veneto in “Una vita tranquilla” e nelle prime due stagioni di “Gomorra – La serie”, creando insieme un sodalizio artistico e umano.

«I personaggi delle storie che ho finora raccontato sono spesso degli sradicati che sono alla ricerca di un posto nel mondo o di una fuga da qualcosa e quindi, per forza di cose, si allargano le maglie geografiche delle mie storie; non è pretestuoso muoversi in Germania o in Francia, è proprio una necessità che mi chiedono spesso i personaggi mentre sto scrivendo la loro storia» ha dichiarato Cupellini, concludendo: «Quando fai un film senti delle cose che ti aiutano poi a chiarirti le idee e ti fanno mettere a fuoco meglio il tema del film, per cui il film ha delle ascendenze addirittura musicali che mi hanno aiutato moltissimo». Il cineasta ha collaborato con il compositore Pasquale Catalano per la colonna sonora, scegliendo di comune accordo brani di gruppi come Interpol, Jennifer Gentle e Blonde Redhead, che danzano sulle gioie e sui dolori di un giovane, sofferto e impossibile amore.

FRASI DAL FILM

“Ti ho portato qui, altrimenti anche il primo dell’anno stavi da solo a casa a mangiare surgelati”

“Vado a tavola, mangio, bevo, farò lo splendido e finta di niente, come sempre”

“È un anno che c’ho delle idee che non condivido nemmeno io”

GIUDIZIO: ***

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