22 Aprile 2016 - 11:00

Antichrist, l’io alienato in modo primordiale

Antichrist, scritto e diretto da Lars Von Trier nel 2009, è un film estremo e purificatorio di un regista in conflitto con se stesso e con la vacua società che lo circonda. Una “paranoia controllata” di quell’io alienato in modo primordiale, secondo il pensiero lacaniano

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Antichrist inizia. E veniamo accompagnati nel buio soffuso di una stanza, in cui Lars Von Trier apre le porte sull’intimità di una coppia, nella prestazione magistrale di Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg.

Mentre Lui e Lei, esemplificazioni universali del genere maschile e di quello femminile, sono intenti a fare sesso, il loro bambino, spinto da un fatale impulso sovrannaturale, si alza dal lettino e in una notte innevata si getta dalla finestra. Allora lui, di mestiere psichiatra, contro ogni deontologia professionale, decide di curare la moglie: così la coppia in lutto si rifugia nella propria abitazione nei boschi, chiamata “Eden”.

Lui cerca così un modo per allontanare il ricordo della perdita e per ricucire un rapporto matrimoniale logorato dal dolore e dal senso di colpa di una donna/madre. Ma la disperazione lancinante saprà diventare lucida consapevolezza nelle parole di Lei a Lui: “Non sono mai stata interessante per te, tranne adesso che sono tua paziente”.

Antichrist: Scena Chaos Reigns

Antichrist: Scena Chaos Reigns

Eden è il luogo in cui Lei ha scritto la sua tesi di laurea sulla persecuzione alle streghe nel Medio Evo, ma è allo stesso tempo un luogo inconsciamente temuto.

Qui la Natura prenderà il sopravvento, evocando una tragedia annunciata: l’intellegibile Chaos si manifesterà nella sua atavica essenza, per mezzo di una volpe in preda all’autocannibalismo.

Nel regno del Chaos, allo spettatore tocca farsi varco nel rapporto esistenziale tra una donna e un uomo: questa volta Lars Von Trier ha spogliato la relazione dalle solite connotazioni sociali, per riadattarla ad un conflitto personale.

Antichrist nasce come un tentativo di autoterapia portato sul grande schermo: un viaggio sadomasochista in cui gli stessi attori vengono condotti all’estremo della loro performance, nel connubio perfetto dell’accoppiata Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourgh.

In questa lettura, Charlotte Gainsbourg, la Lei nel regno del Chaos, risulta essere l’alter ego di Von Trier, con le sue fobie e le sue nevrosi, nel tentativo di resistere alle pressioni del Pubblico, esemplificato dall’impassibile e razionale Dafoe.

Il film infatti vorrebbe esorcizzare un periodo oscuro nella vita di Lars Von Trier, arginando l’eterno conflitto che lega il suo cinema alle aspettative del pubblico e ai vincoli di distribuzione.

Lascia ch’io pianga/ mia cruda sorte/ e che sospiri la libertà“, sono i versi in musica di Georg Friedrich Handel, con cui Lars Von Trier si confessa. La scelta di Handel rappresenta la perfetta colonna sonora dell’ossimoro tra sacro e profano, in cui il dolore finisce per essere la gabbia della mente.

Charlotte Gainsbourg, la Lei di Antichrist

Charlotte Gainsbourg, la Lei di Antichrist

Un dualismo scenico insito anche nell’accezione pagana della Natura e nella visione religiosa del ruolo della donna, considerata una creatura di Satana in quanto mezzo e possibilità del piacere.

Von Trier conduce un’indagine sul senso di colpa, in cui la storia e la religione cristiana hanno relegato il ruolo femminile: da Eva al Femminismo, passando per la caccia alle streghe.

Per questo Antichrist non è un film che rivela una misoginia latente – come sostenuto da molti – ma è uno sguardo esistenziale sull’universo femminile e quello maschile. Non è una questione di genere, Lui e Lei sono esistenze che, in un inferno fattosi terreno, sono destinate ad implodere. 

Antichrist è provocazione pura, che nulla ha a che vedere con il genere Horror, se non per i dicotomici stereotipi di bene/male. L’atmosfera metafisica, le psicosi personali e le fantasie, senza espedienti di continuità, ricordano il cinema di Tarkovskij.

La Madonna-strega, l’evocazione di Adamo, i Re Magi/Tre Mendicanti portatori di Dolore, Ansia e Disperazione, circoscrivono una visionaria allegoria sull’Avvento dell’Anticristo in una destabilizzata “sacra famiglia”.

Antichrist scritto e diretto da Lars Von Trier nel 2009Un Eden di simboli arcaici si offre ai nostri occhi come trasposizione cinematografica di un possibile dipinto di Hieronymus Bosch: il regno del Chaos, in cui la Natura Matrigna, nella sua furia cieca, agita le anime e i corpi. Lars Von Trier ci mostra una lotta per la sopravvivenza, una lotta antitetica tra sessi, attraverso il sesso: questo l’unico terreno di scontro comune, atemporale e primordiale.

Il regista-demiurgo modella Antichrist come il luogo ideale del conflitto tra l’intelletto e l’istinto, in una disincantata visione del mondo: sullo schermo scorre ipnotica l’immagine che si sostituisce alla realtà, al pari de “Lo stadio dello specchio” – teorizzato da Lacan – come formatore della funzione dell’io.

Un rarefatto viaggio nell’inconscio, la “paranoia controllata” di un Lars Von Trier, “alienato in modo primordiale”: Antichrist è il suo film più occulto e viscerale, una verità assoluta sulla natura, una cosmogonia universale.

Questo è in assoluto – finora almeno – il capolavoro di Von Trier. Un film impulsivo, uno sfogo sugli istinti e le paure più ancestrali: un rituale intimo, di un autore in lotta contro se stesso, nell’ansimante ricerca di una catarsi metacinematografica.

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