28 Aprile 2017 - 10:36

Verso la Baia di Ieranto nella terra delle sirene

baia di ieranto

Ultima tra le incantevoli insenature della costiera amalfitana prima di Punta Campanella, la Baia di Ieranto, terra di mito e di bellezza, ci accoglie oggi per il primo tuffo di primavera

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Profumi di primavera e tepore costiero, divini scorci e fresche acque quasi da bere. Oggi passeggiamo lungo il promontorio della penisola sorrentina a zonzo fino alla baia di Ieranto, che vede di fronte a sé quel braccio di mare che da Li Galli fino a Capri fu terra e residenza delle ammalianti sirene.

Anche Ulisse solcò queste acque che oggi accolgono gli Outdoorini per il primo bagno di primavera. Ma sappiamo come andò a finire: le sirene, che fino a quel momento avevano attratto con il loro canto tutti i marinai che passavano quel braccio, non riuscirono a fermare la ciurma di Ulisse e, indispettite per l’insuccesso, si buttarono in mare trasformandosi in scogli.

Dal greco ‘Ieros, luogo sacro, la baia di Ieranto, questa lingua di terra di inestimabile bellezza che dal borgo di Nerano arriva a sfiorare Capri, divenne pertanto la terra delle sirene e della loro memoria, oggi visibile negli scogli di Isca, Vetara e Li Galli con Gallo Lungo, la Castelluccia e la Rotonda.

Partiamo da Termini e arriveremo a Nerano in tempo per il tramonto, in un imprevedibile giro ad anello nella parte più estrema e selvaggia della penisola sorrentina.

Dalla piazzetta di Termini imbocchiamo l’antico sentiero che interseca i tornanti in salita lungo la collina. Siamo diretti verso la cima minore di monte San Costanzo, la più alta di Massa Lubrense che con 485 m di altezza riesce a spaziare con lo sguardo tra il golfo di Napoli e di Salerno.

Da questo punto una scala ci conduce alla bianca chiesetta di San Costanzo costruita da alcune famiglie locali nel ‘500, che guarda libera a 360 gradi tutta la terra intorno. A destra uno sguardo dall’alto sulla Baia di Ieranto e marina del Cantone, di fronte i 3 isolotti de li Galli, sotto tutto il territorio di Massa e un po’ più in lontananza il Vesuvio da terra ed Ischia e Procida dal mare.

Da lontano si scorge la sagoma dei tre Pizzi Punta PennaMontalto e Mortella dalla forma evidente di un rapace, che secondo alcune ipotesi sull’origine del nome della nostra baia, spiegherebbero l’etimologia della parola Ieranto da Jerax, rapace appunto.

Posta sull’estrema propaggine dell’omonimo promontorio, la Torre di Montalto di forma quadrangolare è una fortificazione del IX secolo che insieme ad altre torri della costiera amalfitana cui siamo abituati a vedere, costituisce uno dei 32 baluardi difensivi che dalla cala di Vietri fino a Capo di Massa furono costruite per la difesa delle coste dalle incursioni dei pirati saraceni.

Si attraversa poi la sella passando la pineta e proseguiamo dopo la discesa lungo l’antica mulattiera che è quasi tutta in pianura.

L’aria di primavera, il poco dislivello e i tempi di percorrenza ci fanno godere appieno di ciò che abbiamo intorno.

È un percorso di 4 km e noi andiamo tranquilli. Inconsapevoli del tutto che ci aspettano scivoloni e ruzzoloni da premio nobel per tagliare la montagna e arrivare all’ambita meta sul mare.

Tranquilli ma vigorosi per l’odore forse del mare che già respiriamo, attraversiamo uno dei siti più belli della nostra costiera tutelati dal FAI dal 1986. Con 49 ettari nell’entroterra e 5 km di costa, siamo in mezzo alla natura incontaminata e ai profumi della macchia mediterranea che si svegliano in primavera.

Attorno a noi tutto è spontaneo: cespugli di mirto senza più le bacche, lentisco in abbondanza, agave dall’aspetto esotico e rosmarino e finocchietto per le nostre fantasie culinarie. Il lillà dei ciclamini, il viola dei cisti e il giallo delle ginestre colorano il verde della macchia esposto al sole. Pini marittimi in lontananza e asparagi selvatici nascosti nelle vicinanze ci fanno dimenticare dove stiamo mettendo i piedi.

Passiamo accanto alla Villa Rosa e alla casa Silentium, rispettivamente dimora e luogo di rifugio di Norman Douglas, scrittore britannico degli inizi del ‘900 che, legato a Capri e a queste terre, costituì con i suoi scritti un irresistibile invito alla scoperta del fascinoso sud dell’Italia.

Orticelli coltivati, agrumeti e oliveti sono la mano dell’uomo che ha sposato questi paesaggi. La coltura dell’ulivo prende il posto della macchia trasformando alcuni tratti ancora miracolosamente selvaggi in caratteristici scenari agrari.

Alzando gli occhi scorgiamo un’apertura nella parete della montagna: è l’ampia imboccatura della grotta delle Noglie, austera ma poco profonda. Ci piacerebbe risalire quest’altra altura e vedere le stalattiti sul soffitto. Ma è il momento di scendere, la spiaggetta ci aspetta e l’ora di aprire il sacco è vicina.

Comincia allora il nostro tratto in discesa a picco sulla spiaggia di Nerano lungo una vecchia scalinata, dove si dice che un tempo prendessero il volo le streghe.

Tra il silenzio della discesa e il paesaggio che un po’ alla volta si svela, siamo la banda di Harry Potter che trasforma tutto ciò che vede in autentica bellezza.

Il mare che si concede agli occhi un passo dopo l’altro cambia dall’alto colori, forme e sfumature.

Nella discesa verso la Marinella ci attende l’ultimo tratto della “scala dei minatori”, costruita agli inizi del ‘900 per favorire dalla spiaggia l’accesso alle cave poste sul livello del mare. Un tempo i minatori qui estraevano la calce, oggi da questo luogo noi tiriamo fuori le lusinghe della natura contro la calce della città.

La spiaggia piccola della Baia di Ieranto è un approdo appartato e solitario nell’area marina protetta di Punta Campanella a sud della penisola sorrentina. Sul bordo del mare le tracce dell’uomo e del suo lavoro sulla natura, sotto il livello del mare il fondale di ciottoli bianchi in cui riflettono le rocce calcaree che nascondono la baia.

La spiaggetta della baia di Ieranto è un rifugio per gli amanti, un ritrovo migratorio per gli uccelli, un binocolo a fior d’acqua per osservare i Faraglioni.

L’isola di Capri di fronte a noi con i contorni nitidi del suo profilo e le acque calde sotto i nostri piedi, che ci accolgono per il primo bagno di primavera.

Zona di confluenza tra la circolazione delle acque dei 2 golfi, al confine delle 2 coste, la baia di Ieranto nasconde una grande varietà di flora e fauna terrestre e soprattutto marina.

Specie ittica in via di estinzione, noi Outdoorini dopo il primo bagno svuotiamo il sacco e poi ci diamo alla pennica sotto al sole.

La via del ritorno sarà una vera passeggiata dopo l’abbiocco del sole. Arriveremo a Nerano antico borgo marinaro sotto la falda del monte di San Costanzo, famosa per le sue spiagge e per i suoi spaghetti con zucchine, basilico e provolone del monaco, piatto entrato nella tradizione culinaria campana che – si vocifera – fosse tra i preferiti di Totò ed Eduardo de Filippo.

Qui troveremo Franco nella sua barracca magica che funge da bar e da museo dei rifiuti: tutti quelli che ha sottratto alla verginità del mare e che ha reso arte.

Sulle vibrazioni della voce di Pino Daniele ci gustiamo una granita al limone e osserviamo la plastica trasformatasi in opera. La ricerca della bellezza è diventata la nostra missione.

“Voglio ‘o mare,
‘e quatto ‘a notte miezzo ‘o pane
E si cadesse ‘o munne sano,
Je nun me sposto
E resto ‘a sotto a mo’ guardà.
Voglio ‘o mare,
Cù ‘e mmura antiche e cchiù carnale
A vita ‘o ssaje ce pò fa male
E per sognare poi qualcosa arriverà.
Tanto nun passa nisciuno
E nisciuno ce pò guardà
Te voglio bene
E ghià stasera ‘o ssaje
Nun tengo genio ‘e pazzià
E ‘o suonno se ne và.
Voglio ‘o mare
Pè chi fa bene e chi fà male
Pè chi si cerca e va luntano
E per sognare poi qualcosa arriverà.
Tanto nun passa nisciuno
E nisciuno ce pò guardà
Te voglio bene
E ghià stasera ‘o ssaje
Nun tengo genio ‘e pazzià
E ‘o suonno se ne và…”

Pino Daniele – Qualcosa arriverà

 

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