20 Febbraio 2015 - 11:30

Boyhood e lo scorrere del tempo

Il film Boyhood è l’esempio di come il concetto di temporalità sia il fulcro attorno al quale ruota da sempre la vita poetica di Linklater

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Il film ha inizio nel 2002, anno in cui iniziarono le riprese. Boyhood racconta l’infanzia e l’adolescenza di Mason (Ellar Coltrane) seguendolo nella crescita per 12 anni.

La storia è semplice e lineare, senza colpi di scena eccessivi. La pellicola si tiene il più vicino possibile alla normalità e al vivere quotidiano, evitando situazioni stereotipate come “la prima volta” o “la cerimonia del diploma”.

Intorno a Mason ruotano diversi personaggi, la sorella (Lorelei Linklater) leggermente più grande di lui, la madre (Patricia Arquette) che non ha ancora finito di studiare e si sacrifica per il bene dei figli, il padre (Ethan Hawke) affetto dalla sindrome di Peter Pan ma che non perde occasione per trascorrere tempo con lui, il difficile rapporto con ben due patrigni, entrambi inclini all’alcolismo, il nonno che gli regala un fucile e la nonna che gli dona una bibbia personalizzata.

boyhood

Boyhood

Nel frattempo la storia va avanti, scandita da avvenimenti e parole chiave che danno un forte senso antropologico al film. La battaglia di Falluja, le polemiche sul governo Bush,la campagna elettorale di Obama dove Mason e la sorella danno il loro contributo. Allo stesso modo troviamo riferimenti popolari e culturali della cultura americana ed occidentale, come le principali innovazioni di casa Apple o l’uso della x-box e della console wii, il nuovo modo di comunicazione con Facebook e Skype, la diffusione della saga di Harry Potter, la musica soffusa e diegetica che passa dai Coldplay agli Arcade Fire, da Gotye ai Daft Punk, aiutando a definire l’anno senza mai essere preponderante o condurre la scena, come “Yellow” dei Coldplay in apertura interrotta prima del ritornello.

La narrazione procede fluida, senza essere spezzata in blocchi temporali, attraverso discorsi fatti la mattina che sembrano essere la conseguenza di avvenimenti della sera precedente e si rivelano invece successivi di anni. Inizialmente la storia sembra essere corale ma, proseguendo, l’attenzione si sposta in maniera naturale sui ragazzi, in particolare su Mason. In tutto ciò l’uso del dialogo è calcolato e segue la crescita dei due ragazzi, rendendoli molto più silenziosi e introversi nella parte centrale, per reintrodurre gradualmente l’uso della parola quando avranno raggiunto la loro identità.

Interessante notare l’evoluzione dei personaggi. Il padre che, dapprima marito e padre indisciplinato, evolve in genitore affettuoso e dialogante sino a conformarsi al modello di uomo borghese che venderà la sua spider per una macchina familiare. Olivia, la madre di Mason, è sola e confusa con il peso della responsabilità di crescere due figli da sola. Incontro e scontro del dovere con la nostalgia.

Durante il film siamo pronti ad aspettarci una svolta, un avvenimento, un dramma dopo un campo lungo o un contrappunto musicale. Ma la vita non funziona cosi’. Non c’è bisogno di romanzare la vita, o sottolinearne didascalicamente gli snodi. Non serve approfondirne i temi, quelli che tutti conosciamo ed esperiamo.

L’individuo non si realizza in sé stesso, è un progetto, qualcosa che ha da compiersi attraverso lo scorrere del tempo. La fotografia,tanto importante per Mason sul finire del film, interviene come metafora allo spettatore sul tentativo del regista di “fotografare” attimi di crescita di un individuo in un determinato arco di tempo, proprio come avviene con la fotografia.

Boyhood non racconta una storia, ma la vita. Una vita che passa portando dietro di se ricordi e istanti di cui non ci eravamo resi conto. Un film, Boyhood, sull’inesorabilità del tempo.

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