11 Agosto 2016 - 11:20

Carriera finita. Un’altra brutta notizia per la delegazione azzurra a Rio

Alex Schwazer

Carriera finita. Otto anni di squalifica per Alex Schwazer, che torna a casa dopo le speranze nutrite negli ultimi giorni

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Carriera finita. Alex Schwazer torna a casa, con la più grave delle accuse per un uno sportivo: doping. Otto anni di squalifica al marciatore altoatesino che, secondo il Tribunale arbitrale dello sport, sarebbe recidivo. Accolta la richiesta della Federazione internazionale di atletica, che aveva chiesto 8 anni, dopo gli ultimi controlli positivi.

Schwazer era voluto partire comunque per Rio, dove avrebbe dovuto prendere parte alla 20 km e alla 50 km di marcia, ma la sua carriera si interrompe qui, sotto il sole del Brasile. Già in precedenza ci eravamo occupati del caso Schwazer, narrando minuziosamente tutto l’iter, farraginoso e a tratti forzato, che aveva poi portato alla constatazione della sua positività.

Nel mese di gennaio, infatti, in un controllo a sorpresa, il marciatore era risultato positivo ad uno steroide sintetico, ma il risultato era stato reso noto solamente a giugno, due mesi prima dell’inizio dei giochi. L’atleta era stato sottoposto a quel controllo a seguito della qualificazione per le olimpiadi, che Schwazer aveva ottenuto durante il mondiale di marcia a squadre di Roma. Un riscatto questo, per una carriera che sembrava finita già all’ora, e che aveva spinto la federazione ad approfondire la questione.

Non poteva essere il riscatto di un giovane campione che aveva sbagliato e che ora tornava in pista per riprendere da dove aveva iniziato. Doveva esserci qualcosa. E infatti qualcosa venne trovato: Swazer era positivo al testosterone. E i giudici che lo hanno ascoltato per ore, nella giornata di lunedì, si sono pronunciato solo adesso. Per loro fa fede quell’unico controllo positivo, nonostante tutti i successivi, a cui il marciatore si era sottoposto volontariamente, fossero negativi sempre.

La difesa di Schwazer, con in testa il suo allenatore Sandro Donati, bollava come sospetti la mancanza dell’anonimato e la lunghezza dei tempi per la comunicazione della positività. Ma i giudici non hanno tenuto conto delle evidenti anomalie e incongruenze di questo particolare caso, e hanno badato solo alla recidività, che ha sicuramente influito sulla decisione finale.

Olimpiade persa e carriera finita, per un atleta 31enne che certo non può sperare di riprendere una volta scontata la squalifica di 8 anni, l’età glielo impedirebbe. Un’altra brutta notizia per la delegazione azzurra a Rio.

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