Stop alla cementificazione
Cementificazione – Le Commissioni Ambiente e Agricoltura della Camera hanno approvato il testo unificato del disegno di legge sul contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato
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Il disegno di legge “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” (C.2039), mercoledì sera è stato licenziato dall’ VIII Commissione “Ambiente, Territorio e Lavori pubblici” e dalla XIII “Agricoltura”.
Tutto nasce circa 2 anni fa quando la proposta fu presentata il 3 febbraio 2014 e dopo un lunghissimo iter oggi arriva nella sua fase definitiva.
Ricordiamo che ci si è mossi in questo solco perché la UE ha dettato quale indirizzo l’obiettivo del consumo del suolo pari a “0” entro il 2050 (e forse qui uno sforzo maggiore si poteva fare e darsi un orizzonte al massimo 10 anni), introducendo la gerarchia “prevenzione-compensazione-mitigazione sul consumo del suolo” esortando quindi gli stati membri a porre in essere azioni positive che mirino alla pratica della rigenerazione e riuso delle aree urbane.
Infatti, in base all’ultimo rapporto Ispra, in Italia vengono cementificati 7mq di suolo ogni minuto, raggiungendo il 7% del territorio nazionale, pari a qualcosa come 21mila chilometri quadrati.
In epoca recente, il fenomeno del consumo del suolo attraverso la cementificazione, che ha un impatto fortissimo sulle aree agricole del nostro Paese, sta diventando ancora di più preoccupante, soprattutto quando lo si vede concentrato in quelle zone altamente produttive, ad esempio nelle pianure.
I fenomeni da combattere sono la cementificazione selvaggia e l’abbandono delle terre più marginali da parte degli agricoltori ma, mentre quest’ultimo fenomeno ha un andamento che si può definire «a fisarmonica» (quindi non irreversibile), l’assalto della cementificazione alle superfici agricole ha un impatto irreversibile sul territorio, con pesanti ricadute non solo sociali e ambientali, ma anche di carattere economico ed idrogeologico in funzione delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.
L’Italia è un Paese che riesce a produrre solo l’80 per cento del proprio fabbisogno alimentare. L’ISPRA calcola che dagli anni cinquanta siano stati «impermeabilizzati» (cementificati quindi in maniera irreversibile) 1,5 milioni di ettari, una superficie pari a quella della regione Calabria. È proprio l’impermeabilizzazione del suolo (soil sealing) il fattore che incide maggiormente sull’approvvigionamento alimentare in quanto interessa i terreni migliori: fertili, pianeggianti, limitrofi ai centri abitati, ricchi di infrastrutture e di facile accesso.
L’intervento normativo mira a porre fine al problema dell’erosione e del consumo del terreno a vocazione agricola.
La legge ha inteso individuare per «superficie agricola»: “i terreni qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici nonché le aree di fatto utilizzate a scopi agricoli”; per «consumo del suolo»: “gli interventi di impermeabilizzazione, urbanizzazione ed edificazione non connessi all’attività agricola”; infine per «rigenerazione urbana»: “un insieme coordinato di interventi urbanistici e socio-economici nelle aree già urbanizzate, che comprende la riqualificazione dell’ambiente costruito, la riorganizzazione dell’assetto urbano attraverso il recupero o la realizzazione di… spazi verdi, servizi, risanamento…”.
L’art. 3 della disegno di legge prevede che con decreto del Ministro delle Politiche agricole, di concerto con il Ministro dell’Ambiente, quello dei Beni e attività Culturali e infine con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, acquisito il parere della Conferenza unificata sarà definita «la riduzione progressiva, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale».
La Conferenza unificata (alla quale partecipano anche le regioni), dovrà tenere conto “delle specificità territoriali, delle caratteristiche qualitative dei suoli, delle produzioni agricole e dell’estensione delle coltivazioni (anche in chiave di sicurezza alimentare nazionale), della sicurezza ambientale, della pianificazione territoriale e dell’esigenza di realizzare opere pubbliche” e fornire il suo parere entro 180 giorni dall’approvazione della legge, altrimenti si provvederà con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il disegno di legge nello stesso articolo al comma 3) lascia fuori dal vincolo “le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale” da individuare entro 90 giorni a cura delle Regioni.
La parte rilevante riservata all’art. 4 è la “Priorità del riuso”, al fine di attuare i principi della legge – riuso e rigenerazione urbana – le Regioni, nel termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, dovranno adottare disposizioni per orientare l’iniziativa dei comuni “alla rigenerazione urbana anche mediante l’individuazione delle aree inutilizzate o suscettibili di recupero o riqualificazione”. Se l’individuazione non dovesse avvenire, la Regione, previa diffida al comune, procede con poteri sostitutivi.
Ma la novità che congela l’attività edificatoria, prevista dalla norma all’art.4 comma 4, è che “nel territorio del comune inadempiente è vietata la realizzazione di interventi edificatori privati, sia residenziali sia di servizi sia di attività produttive, comportanti, anche solo parzialmente, consumo di suolo inedificato”.
Ancora, per le superfici agricole che sono state oggetto di aiuti di Stato o finanziamenti europei sono vietati usi diversi per almeno 5 anni dall’ultima erogazione. Altresì sono vietati gli interventi di trasformazione urbanistica nonché quelli di trasformazione edilizia non funzionali all’attività agricola, ad eccezione delle opere pubbliche. In caso di violazione del divieto, il comune dovrà applicare una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a 5.000€ e non superiore a 50.000€ e la sanzione accessoria della demolizione dell’opera.
Le Regioni, inoltre, detteranno anche le disposizioni per la redazione di un «censimento comunale degli edifici sfitti, non utilizzati o abbandonati esistenti», al fine di creare una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso.
Infine, dall’entrata in vigore della legge e fino all’adozione del decreto del Ministero delle politiche agricole (come previsto dall’art. 3 c.1), e comunque non oltre il termine di tre anni, non è consentito il consumo di suolo tranne che per i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle stazioni appaltanti.
Il Presidente dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Claudio De Albertis affida ad un comunicato stampa le sue opinioni circa la proposta sul futuro della cementificazione: “Il mercato è fortemente cambiato, i permessi di costruire sono tornati ai livelli del 1936. Il provvedimento deve avere più coraggio: ci vogliono strumenti operativi che consentano di realizzare interventi di vera rigenerazione urbana”. “È dagli anni ’70 che ci riempiamo la bocca con il termine di rigenerazione delle città e poi non siamo stati in grado di fare nulla in tal senso, anche a causa di posizioni fortemente ideologiche che hanno frenato il processo. Ora qualcosa sta cambiando, ma si può e si deve fare molto più, anche predisponendo adeguate leve fiscali che promuovano la sostituzione edilizia e di conseguenza l’efficientamento energetico”.
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