16 Gennaio 2017 - 18:55

Cortometraggi Pixar, per fare grandi storie bastano pochi minuti

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Negli ultimi mesi abbiamo analizzato e recensito i lungometraggi della Pixar Animation Studios, la casa di produzione animata più prestigiosa del mondo. Ma lo studio di Lasseter & Co. ha un altro elemento di cui vantarsi: i cortometraggi. Brevi storie commoventi, intense, spesso senza parole, che hanno stupito il mondo

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La Pixar, come forse in pochi sanno, non è nata come casa d’animazione, bensì come studio informatico che si occupava di ricoprire un ruolo di provider per la produzione di hardware e software tramite applicazioni e macchinari tecnologici d’ultima generazione, tant’è che suscitò l’interesse di uno degli informatici più famosi della storia, Steve Jobs. Egli la comprò a metà degli anni ottanta, dopo l’uscita del primo di una lunga serie di cortometraggi da parte della Pixar, che pian piano dava dimostrazione della sua capacità di adozione della tecnica computerizzata. Una grafica mai vista prima che, fino ad oggi, ha rappresentato uno strumento in grado di raccontarci grandi storie dal forte impatto emotivo.

Cortometraggi in Computer Graphics 

Inizialmente produrre un cortometraggio non era affatto semplice, la Disney (dalla quale provenivano molti artisti della Pixar) fungeva da mentore, ma la sua tecnica appariva inarrivabile. La Pixar pian piano iniziava a produrre storie semplici, concentrandosi sulla potenza grafica. The Adventures of Andrè and Wally B. (1984) fu il primo cortometraggio Pixar. Due semplici personaggi che si rincorrono tra musiche e colori, semplicemente per dimostrare la capacità grafica dei ragazzi della Pixar, che cercava di farsi conoscere dal mondo. Poi l’uscita di Luxo Jr. (1986), una lampada madre ed una lampada junior, rese animate e straordinariamente realistiche nei movimenti tanto da saper suscitare emozioni. La lampada divenne poi il simbolo della Pixar.

Ma Lasseter voleva ancor di più, voleva una trama. La prima vera trama di un corto l’abbiamo con Il sogno di Red (1987), la storia di un piccolo monociclo rosso che sogna il proprio padrone applaudito ed osannato dal pubblico di un circo: colori e musiche si intrecciano ad una trama e suscitano emozioni nostalgiche. I corti stavano iniziando a prendere forma anche attraverso una linearità.

Il legame tra corti e lungometraggi

Nel 1988 uscì Tin Toy, ne parliamo immediatamente: è la storia di un bebè che tratta male i propri balocchi e del suo giocattolo di latta che cerca di non farlo piangere, ma al tempo stesso ne ha paura. Non vi ricorda niente? Sì, Tin Toy è il trampolino di lancio per l’idea che 7 anni dopo farà uscire Toy Story, il primo dei lungometraggi Disney Pixar. Non molto diverso da Tin Toy è il corto Knick Knack (1989) che racconta di un pupazzo in una bolla da souvenir di neve che cerca di evadere dalla sua natura ma che rimarrà intrappolato continuamente.

Giocattoli animati: facilmente ricollegabili alla pellicola di maggior successo della Pixar. Possiamo ben capire dunque come i corti siano fortemente legati ai lungometraggi, attraverso personaggi, spunti di riflessione ed Easter-Egg.

Cortometraggi cinematografici ufficiali

Già dal secondo capitolo dei lungometraggi Pixar, la proiezione al cinema prevedeva la visione di uno dei cortometraggi Pixar. Con Bug’s Life venne proiettato Il Gioco di Geri (1997), un vecchietto che gioca a scacchi – probabilmente contro se stesso – in un corto carico di mistero, che suscita non pochi dubbi. Il personaggio di Geri diverrà Easter Egg in Toy Story 2.

Con Monsters & Co. venne proiettato Pennuti Spennati (2000), un simpatico corto di uccelli che bisticciano, narrati con una tecnica sempre più dettagliata (basti guardare le piume dei pennuti). I corti iniziavano a prendere forma sia riflessiva che comica, differenziandosi per originalità ed intrattenimento.

Arrivò il terzo Annie Awards per il miglior cortometraggio d’animazione dell’anno con l’uscita di Gli Incredibili, preceduto dal corto Boundin’ (2003), la breve favoletta di un agnello che saltella e rincorre i propri sogni, unendo per la prima volta drammaticità e disinvoltura.

Nessuna parola, solo musiche e spunti di vita

A far da padrone è ancora una volta la musica, soprattutto in One Man Band (2005) in cui due musicisti si contendono la preferenza di una bambina, la quale però sorprenderà tutti insegnando cosa sia l’umiltà puntando tutto sulle proprie capacità nascoste. Molto divertente invece Lifted (2006) che narra dell’esame di un alieno che cerca di prelevare un uomo dal pianeta Terra, fallendo miseramente attraverso situazioni divertenti e musiche di grande effetto.

Divertire come non è mai, ma senza parlare, è quello che riesco a fare il corto Presto (2008), un’opera con riferimento ai Looney Tunes che raffigura il conflitto tra un prestigiatore, il suo cappello magico ed un coniglio affamato.

Dettati da direttori d’orchestra sono anche i bellissimi corti di successo come Parzialmente nuvoloso (2009) e Quando il giorno incontra la notte (2010), mostrando sempre più come la Pixar sia maestra nel giocare con le luci, gli agenti atmosferici, le musiche e gli sguardi.

Le cicogne portano i cuccioli nelle case, ed il sole e la luna sono veramente amici come i bambini hanno sempre creduto? Premesse stereotipiche ed emozioni narrate magnificamente che prendono forma con originalità.

Gli ultimi cortometraggi, il suono dei colori

La sinestesia diventa protagonista ancor più nei corti più recenti che abbiamo apprezzato. Come ad esempio ne L’ombrello blu (2013) dove i personaggi sono semplicemente un ombrello blu ed un rosso, disegnati e caratterizzati perfettamente mentre cercano di riconciliarsi. Dolce ed emotiva la canzone che ci trasporta in Lava (2014) che narra la storia d’amore tra due vulcani, mentre in Sanjay’s Super Team (2015) riscopriamo il passato del regista Patel nel conflitto tra tradizione paterna ed innovazione fanciullesca. 

Ultimissimo, e meritevole di qualche parolina in più, è Piper (2016), un tenero corto su un piccolo piovanello che cresce affrontando le proprie paure, trovando il coraggio nell’affrontare (con originalità) le onde del mare per raccogliere il cibo sulla sabbia bagnata.

 Il cortometraggio da vedere assolutamente: La Luna (2011)

Una sola parola: stellare. Giusto per utilizzare un aggettivo contestualizzato. E’ tra l’altro il primo ed unico corto di un regista italiano (Enrico Casarosa) proiettato con l’uscita di Ribelle – The Brave nel 2011. Perché questo è un corto da vedere assolutamente? E’ la semplice storia di un bambino, che come tanti non sa ancora di poter avere un’identità. Un padre o un nonno possono essere ottimi punti e spunti di riferimento, ma attraverso una scalata sulla Luna, egli scoprirà un nuovo modo di fare le cose: il suo. Con una colonna sonora commovente, ed il colore delle stelle che accende i nostri cuori, la Pixar narra il segreto delle fasi lunari in un modo totalmente nuovo ed originale. Attraverso la crescita di un bambino che punta in alto, martellando sul proprio essere, fino a frantumare tutti gli stereotipi del mondo. In foto l’Easter Egg in Inside Out.

Se avete bisogno di un cortometraggio per iniziare ad apprezzarli, La Luna è quello che fa per voi.

Vedere per credere

Perché non servono enormi budget per fare grandi cose, e la Pixar Animation Studios in pochi minuti è stata in grado (e ci auguriamo, continuerà ad esserlo) di creare di grandi storie, toccanti ed emozionanti. Una filosofia di vita concreta che accarezza l’onirico. Regalando sogni ed aprendoci gli occhi al momento stesso.

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