10 Ottobre 2020 - 12:24

Covid: lo scenario ipotizzato dal nuovo DPCM e i primi dubbi

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Nervi tesi per l’ipotesi di un nuovo Dpcm. Chiusure localizzate, restrizioni per locali per il Covid e c’è l’ipotesi di un nuovo lockdown

Il clima resta teso, a preoccupare oltre all’aumento dei contagi, anche l’iter governativo portavoce di una democrazia offuscata. Avanza l’ipotesi di un nuovo Dpcm, l’ennesimo decreto pensato per combattere la diffusione del Covid. Tra le ipotesi trattate ci sarebbero le chiusure localizzate, nuove restrizioni per i locali e trasporti pubblici. Si parla poi di divieto di spostamento tra regioni, a seconda dell’andamento dei contagi. Non si abbandona, però, la ben nota minaccia di un nuovo lockdown, che appare essere la principale arma del Governo.

I tre scenari possibili

Grande riservatezza sul documento messo a punto dal Comitato tecnico scientifico. Le prime indiscrezioni però, lasciano pensare a tre scenari ipotizzabili in base all’aumento dei contagi. Si parla di scenario giallo, nel caso di un RT poco al di sopra dell’1, dunque con le strutture ospedaliere ancora in grado di far fronte alla richiesta. Con un indice di questo tipo, il documento sembra prevedere lo stop su base oraria di bar e palestre. Nel caso di uno scenario arancione, con RT tra l’1,25 e l’1,5 e, dunque, con strutture ospedaliere a rischio collasso, si prevede la chiusura tra le Regioni. A rischio anche le attività produttive e eventuali zone rosse localizzate. L’ultimo scenario, il più preoccupante, sarebbe il rosso, con un valore RT oltre l’1,5 scatterebbe un nuovo lockdown a livello nazionale, con conseguente chiusura di scuole e università.

Zone rosse

Per chiusure localizzate, invece, si intende l’isolamento delle zone rosse, quindi di zone ad alto contagio. L’ipotesi di un lockdown più o meno restrittivo viene confermata dal sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, che afferma: “Dove necessario scatteranno lockdown più o meno grandi, a seconda del grado di contagi.

Libertà d’azione anche per i tempi di chiusura, con possibile sblocco nel caso di miglioramento o estensione in caso di peggioramento.

Blocco tra regioni

Una delle ipotesi varate nel documento potrebbe riguardare il divieto di spostamento tra Regioni, step che aveva preceduto il lockdown allo scoppio dell’emergenza. A confermare l’ipotesi, il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia: “In questo momento non può essere escluso nulla, ma non escludere interventi non significa chiudere, ma essere pronti ad ogni intervento.”

Programmati meeting a tu per tu con le Regioni, in cui si discuterà delle possibili azioni da adottare. Un dialogo fondamentale secondo il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, il quale sottolinea che: “Governo e Regioni devono necessariamente lavorare insieme, non vedo altra strada.”

Pressione sui lavoratori e i disastri del Covid

Purtroppo tra le possibili restrizioni si fanno spazio quelle relative ai locali e ai trasporti pubblici. Già alcune regioni, come la Campania, hanno avanzato restrizioni sulla regolamentazione del lavoro notturno. A farsi largo anche limitazioni sui trasporti pubblici locali. Tra le ipotesi sarebbe proprio questa a preoccupare i rappresentanti delle categorie coinvolte, che si dicono penalizzate da ordinanze che appaiono a tratti incoerenti.

Il nuovo DPCM punterebbe sullo smartworking, possibilità però, attuabile soltanto per alcune specifiche categorie e penalizzante per altre. Divieto anche di raggruppamenti, ciò include spettacoli all’aperto, manifestazioni sportive, fiere, feste e cerimonie private. Coinvolte anche le attività sportive, soprattutto per gli sport di contatto.

“L’ora più buia”

L’emergenza Covid ha inevitabilmente messo in risalto i limiti di un sistema amministrativo già alquanto penalizzato. Aumentano le preoccupazioni sulla tutela dello stato di diritto e di una democrazia che, a tratti, sembra essere offuscata da provvedimenti lontani dal rispetto della libertà costituzionale.

All’alba di un nuovo Dpcm sorgono nuovi dubbi sull’attività di Governo nell’affrontare l’emergenza del Covid. A parlare, il presidente del Senato, Elisabetta Casellati: “Capisco le ragioni dell’emergenza, ma non vorrei che tra proposte di democrazia diretta, appelli al voto a distanza e ricorso continuo ai decreti legge si finisca per abbattere il Parlamento e quindi la democrazia rappresentativa.”

Sotto accusa proprio i Decreti Ministeriali che, ricordiamo, essere atti amministrativi, dunque atti secondari. Appare poco chiara, infatti, la modificazione dell’iter d’applicazione dei decreti. L’atto amministrativo dovrebbe sottostare a un controllo preventivo e, pertanto a un periodo di tempo di 60 giorni, prima di essere sottoposto all’organo legislativo di riferimento.

Il ritorno alla normalità prima del Covid

Elisabetta Casellati, in un’intervista rilasciata pochi giorni fa, chiedeva “verità e trasparenza” da parte del Comitato Tecnico Scientifico. Sotto accusa anche il repertorio linguistico della classe politica fortemente radicato in un allarmismo ingiustificato.

Casellati aveva così parlato in rappresentanza degli “italiani stanchi“, i lavoratori su cui ricadono le restrizioni delle ordinanze regionali e dei Decreti Ministeriali, i veri sconfitti di questa emergenza.
L’allarmismo non serve, non aiuta a controllare la pandemia e crea solo sfiducia. Al contrario dobbiamo sostenere il ritorno alla normalità.” afferma Casellati.

Le categorie penalizzate

Rimane poco chiara la scelta di optare per un atto amministrativo come il Decreto e non, invece, per uno strumento normativo, previsto in casi straordinari di necessità e di urgenza. In quel caso, l’immediatezza del provvedimento sarebbe rispettata, insieme alla tutela della libertà costituzionale. A preoccupare anche l’iter delle Regioni, in particolare al Sud, la zona attualmente più colpita dai contagi. A far discutere, le limitazioni alla cosiddetta “movida”, termine piuttosto abusato nel periodo di velata campagna elettorale dei presidenti delle regioni del meridione.

Per non ricadere nella bolgia di dati e informazioni spersonalizzate però, bisognerebbe ricordare che ad essere penalizzati sarebbero gli stessi lavoratori – dipendenti precari, spesso privi di contratto – che il Governo tenterebbe di tutelare. Un controsenso abbastanza strano, come sono strani i tempi dettati dal Covid.