Decreto Dignità: ecco cosa cambia con un emendamento
Un emendamento, che va a modificare il decreto Dignità voluto nel 2018 dal Movimento Cinque Stelle per contrastare la precarietà sul lavoro
Il governo apre alla modifica del decreto Dignità, voluto dal Movimento Cinque Stelle nel 2018 ne aveva fatto uno dei propri cavalli di battaglia per sconfiggere la precarietà nel mondo del lavoro. Ora però i dati dell’Istat sembrano suggerire che siano proprio i contratti a termine il motore della ripresa e il governo valuta quindi come modificare il decreto a firma Cinque Stelle.
Le modifiche previste dall’emendamento
Di fatto si va a modificare il decreto in modo strutturale. Al momento questo prevede che un contratto possa durare al massimo 24 mesi, con rigide causali che scattano dopo il primo anno. Ora si prevede che si possano attivare dei contratti a tempo anche per “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi”. In altre parole si rimanda alle parti sociali la possibilità di individuare le circostanze in cui si può stabilire un termine al contratto.
Un’approvazione a larga maggioranza
Si tratta di un emendamento condiviso a larga maggioranza che va a rimuovere quelle rigidità che si erano create negli anni con il decreto dei Cinque Stelle. Dal Partito democratico e dalla Lega, si guarda alle modifiche con soddisfazione. Non si è ancora esposto, invece, il Movimento.
La soddisfazione della Lega e del Pd
“Con l’ok del Parlamento viene di fatto smontato il decreto Dignità, che ha presentato da subito molte criticità, acuite dalla crisi, per via di norme assurde. Viene inoltre conferma la linea che ha sempre portato avanti la Lega, cioè dare un’opportunità alle persone di uscire dalla disoccupazione seppur con un contratto a termine”. Così ha commentato la la sottosegretaria al Lavoro in quota Lega, Tiziana Nisini. Dal Pd, invece, ha parlato la capogruppo alla Camera Debora Serracchiani. “Si tratta di un lavoro che viene da lontano e che è il frutto della presa d’atto della situazione nella quale a causa della pandemia viviamo. È giusto affidare il tema delle causali alla sede naturale, e cioè alla contrattazione collettiva”.
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