2 Luglio 2018 - 19:55

Decreto dignità: esplode la lite tra Di Maio e Renzi

reddito di cittadinanza

La polemica sul decreto dignità arriva dopo i dati dell’Istat. Al centro della discussione, vi è anche il Jobs Act della passata legislatura

Il nuovo Governo trascina con sé pezzi di quello che fu il periodo di Renzi. L’exploit del decreto dignità e dei contratti a tempo determinato ha determinato una nuova lite. I due soggetti interessati sono Luigi Di Maio e l’ex premier del PD.

Per il primo, i contratti a tempo determinato non sono una buona notizia. “È il boom del precariato.” ha dichiarato. Il secondo, invece, è in un brodo di giuggiole, in quanto crede che il merito sia solamente del Jobs Act.

Ha permesso di recuperare un milione di posti di lavoro, di cui più della metà a tempo indeterminato. E cosa dice il ministro del lavoro italiano, Di Maio? ‘Stasera smantelliamo il JobsAct‘. Fantastico.” ha dichiarato Renzi.

La polemica sul decreto dignità è nata da un’indagine Istat, che parla di un netto miglioramento del mercato del lavoro, con una intensa crescita dell’occupazione dipendente, verificata sia per i lavoratori permanenti sia per quelli con contratto a termine. Ma la crescita riguarda perlopiù gli ultracinquantenni e i giovani dai 15 ai 34 anni.

E questo, al leader del Movimento 5 Stelle, non è andato giù: “Se vogliamo celebrare il lavoro deve essere stabile e dignitoso. Oggi nel decreto dignità smantelleremo quella parte di Jobs Act che ha creato precariato cominciando a eliminare una serie di istituti. Andateglielo a dire alle famiglie italiane che l’occupazione è aumentata, vedete come vi rispondono.

Ma l’ex “rottamatore” non demorde, e su Facebook risponde: “Tutto sommato devo riconoscere che ha una sua coerenza: più smantella il Jobs Act, più avrà occasioni per sperimentare la geniale intuizione del Reddito di Cittadinanza: una Repubblica Democratica fondata sul sussidio. Già, ma quando arriva il Reddito di Cittadinanza?

Chiare parole provocatorie. Ma chi ha ragione? Come sempre, ai posteri l’ardua sentenza.

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