17 Aprile 2021 - 18:05

Etiopia: Farnesina e il volo di cooperazione in aiuto dei rifugiati

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Atterra in Etiopia il volo di cooperazione in aiuto dei rifugiati del Tigray. La Farnesina si impegna per combattere la “tragedia umanitaria” degli invisibili

Definita una delle più grandi tragedie umanitarie in corso, del conflitto che vede coinvolta l’Etiopia se ne sente parlare e se ne parla troppo poco. Proprio ieri, la Farnesina ha annunciato l’arrivo di un volo di cooperazione in Etiopia, volto a distribuire materiale sanitario e medico, così da sostenere la popolazione e i rifugiati tigrini. Eppure, quanto si conosce del conflitto ancora in corso in Etiopia, quali sono i dati e la realtà dei fatti? Ecco cosa sappiamo.

Il conflitto in breve

Attualmente l’Etiopia si troverebbe tra due fuochi: da un lato l’Etiopia stessa, impegnata in un conflitto interno tra i ribelli del TPLF (Fronte di Liberazione Nazionale Tigrino) e il primo ministro Abiy Ahmed Ali, portavoce del Partito della Prosperità; dall’altro, complice l’infiltrazione della confinante Eritrea. Il conflitto avrebbe avuto inizio 4 mesi fa, più precisamente il 4 novembre 2020, giorno in cui il premier Abiy Ahmed Ali scaglia la prima offensiva contro il gruppo del TPLF.

In quell’occasione, il premier etichettò l’offensiva, come azione improvvisa, lontana dall’essere anche solo lontanamente pianificata. Eppure, escluderne la premeditazione è sembrato a molti impossibile. Infatti, è innegabile constatare come, da molto tempo ormai, la dirigenza del TPLF aveva raccolto intorno a sé notevoli consensi, oltre ad essere l’unico partito ad essersi opposto ai piani di Abiy Ahmed. Di lì a poco, infatti, il primo ministro avrebbe annunciato l’inizio di una nuova era, con la creazione del Partito della Prosperità, perseguendo l’impegno di: ‘rafforzare e rispettare un vero sistema federale che riconosca la diversità e il contributo di tutti gli etiopi‘.

Il punto di rottura

La creazione del Partito della Prosperità rappresenta uno snodo cruciale della faccenda, in quanto la sua realizzazione avrebbe automaticamente estromesso i vertici del TPLF da tutti i ruoli governativi. La risposta dei tigrini non si è fatta però attendere e a elezioni sospese per volere del premier, ne rivendicavano di nuove, ottenendo il 98% dei consensi. Facendosi beffa del divieto, il TPLF ha così voluto sottolineare la l’autonomia del gruppo e la rottura definitiva dal governo centrale. Decisione costatagli la controffensiva del premier, che poco aveva digerito la presa di posizione dei ribelli.

La crisi umanitaria

Il volo di cooperazione diretto in Etiopia, come riporta la Farnesina, sottolinea quanto ancora il conflitto abbia tragiche conseguenze soprattutto sulla popolazione. I dati conosciuti sono, in realtà, soltanto approssimativi, essendo l’Etiopia completamente barricata dietro una cortina di ferro, lasciando pressoché all’oscuro le organizzazioni internazionali.

La Farnesina annuncia su Twitter l’arrivo del volo di cooperazione in Etiopia

Nessun dubbio però, sulla crisi umanitaria in corso, lo racconta Stephen Cornish, direttore generale di Medici Senza Frontiere-Svizzera: ‘Centinaia di migliaia di persone sono state sfollate con la forza e decine di migliaia di loro sono ancora in aree dove non c’è accesso all’assistenza. Linee elettriche, linee d’acqua, linee di comunicazione sono state tagliate. Il sistema sanitario stesso è crollato. Molte cliniche che abbiamo visitato sono state saccheggiate o distrutte. Alcuni sono stati rilevati da medici armati e ora servono i loro pazienti, ma non la popolazione civile. Ci stiamo rapidamente avvicinando a una crisi umanitaria molto, molto grave che colpisce centinaia di migliaia di persone, sia all’interno dell’Etiopia che i 60.000 rifugiati che hanno avuto la fortuna di fuggire in Sudan‘.

L’Etiopia e i crimini contro l’umanità

Anche Michelle Bachelt, Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, sembra non aver alcun dubbio nell’affermare che, in Etiopia si starebbero consumando “crimini di guerra e crimini contro l’umanità“. Allo stesso modo Amnesty International, otto giorni dopo l’inizio del conflitto, faceva sapere che: “la notte tra il 9 e il 10 novembre ha avuto luogo uno spaventoso massacro di civili nella città di Mai-Kadra, nello stato del Tigray. Numerose decine, ma probabilmente centinaia di civili, soprattutto lavoratori giornalieri, sono stati pugnalati o accoltellati a morte nel contesto dell’offensiva militare avviata il 4 novembre dal governo di Addis Abeba contro il Fronte popolare di liberazione del Tigray“.

Violenze sistematiche

Stupri, uccisioni di massa, bombardamenti, tutto diretto ai civili: questa è la realtà raccontata dalle organizzazioni internazionali, impegnate in azioni di soccorso umanitario.

A tal proposito, Human Right Watch, punta il dito contro l’infiltrazione eritrea, responsabile tanto quanto Abiy Ahmed delle atrocità dirette ai civili: “Tra il 28 e il 29 novembre 2020 le truppe dell’Eritrea presenti nello stato etiopico del Tigray hanno sistematicamente ucciso centinaia di civili inermi nella città di Axum, aprendo il fuoco nelle strade e massacrando persone casa per casa. Tutti i testimoni hanno riferito di esecuzioni extragiudiziali, bombardamenti indiscriminati e saccheggi di massa. Il massacro è avvenuto poco prima della celebrazione annuale presso Santa Maria di Sion, una festa dei cristiani ortodossi etiopici che si svolge il 30 novembre, evento che richiama ogni anno molti pellegrini e turisti nella città santa di Axum“.

“Pulizia etnica”

Le più cruenti atrocità, fa sapere la Farnesina, si consumerebbero nelle zone rurali, più lontane dal controllo del governo. Una violenza sistematica, attuata da “funzionari etiopi e combattenti delle milizie alleate” in “una campagna sistematica di pulizia etnica nel Tigray“, riporta il New York Times, secondo un rapporto interno degli Stati Uniti. Nel rapporto si parlerebbe anche di “uso organizzato della forza e dell’intimidazione“, di “villaggi deserti e case saccheggiate“.

Farnesina: gli aiuti umanitari

Nel mese di dicembre, la Farnesina annunciava l’incontro telefonico tra la Vice Ministra agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale, Emanuela Del Re e la Ministra della Pace dell’Etiopia, Muferiat Kamil, per un aggiornamento sulla situazione umanitaria nella regione del Tigray. In quell’occasione, la Vice Ministra aveva ribadito l’importanza di una tempestiva attivazione dei corridoi umanitari, facendo pressione sulla necessità di un effettivo accesso a tutte le persone bisognose, in tutte le aree interessate dalle conseguenze del conflitto.

L’Italia è pronta a fornire l’aiuto necessario alle popolazioni civili colpite da conflitto“, afferma Del Re, facendo riferimento al problema dei rifugiati, fuggiti dal Tigray in Sudan. Da quell’incontro però, le cose non sembrano essere cambiate. Le previsioni per il futuro rimangono, infatti, incerte e anche nell’ipotesi di un post-conflitto si dovrà fare i conti con le contraddizioni di una realtà internazionale assente o schierata dalla parte sbagliata, come nel caso di Abiy Ahmed Abis, a cui poco tempo fa veniva conferito il premio Nobel per la pace e che, fra non molto potrebbe essere condannato per crimini contro l’umanità.