18 Febbraio 2016 - 15:34

Fabrizio De André, oggi “compie” 76 anni

Fabrizio De André - Principe Libero

Il 18 febbraio del 1940 nasceva Fabrizio De Andrè, il cantautore genovese oggi avrebbe compiuto 76 anni.

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Fabrizio De André, affettuosamente chiamato “Faber” dal suo caro amico Paolo Villaggio, in riferimento alla grande passione per la linea da disegno Faber-Castel e per la simpatica assonanza con il nome, oggi avrebbe compiuto 76 anni.

Tra le penne più interessanti del cantautorato italiano, De André si impose all’inizio degli anni 60’ grazie all’etichetta discografica Karim, la quale pubblicò il suo primo 45 giri, dalla copertina neutra e forata, come richiedeva lo standard del tempo. Era il 1961, solo due anni più tardi, debuttava in televisione presentando attraverso lo scatolone mediatico il brano Il Fannullone nel programma Rendez-vous, condotto da Line Renaud.

Il successo arriva nel 64’ grazie alla favola amara de  La canzone di Marinella , in cui è presente l’animo più sensibile e allo stesso tempo ribelle di De André, addolcito dalle parvenze fiabesche di un testo che è in realtà, il racconto vero di fatti legati alla vita di  una sedicenne di Asti. Canzone elevata a livello nazionale, grazie alla versione di Mina del 1967.

Del 1966 è il suo 1° album in studio, “Tutto De André”, una scrupolosa raccolta di pezzi sino ad allora disponibili solo in 45 giri, anche se la critica accredita la versione successiva del disco, quella del 67’, dal titolo “Volume I”, quale 1° vero album del cantautore, di cui resta indimenticabile Preghiera, brano buttato giù di impulso e con sofferenza a poche ore dalla morte di Luigi Tenco e che suscitò non poche polemiche, visto l’agnosticismo di De André.

“Tutti morimmo a stento” è il 2° album di De André, edito nel 1968, un prodotto istigante alla riflessione e alla morale, il cui cuore centrale fu così definito dall’autore:

“Parla della morte… Non della morte cicca, ma di quella psicologica, morale, mentale, che un uomo normale può incontrare durante la sua vita”

Sulla scia di temi religiosi più o meno controversi, esce nel 1970, “La buona Novella” una scandalosa reinterpretazione del pensiero cristiano alla luce di alcune letture che riguardavano i vangeli apocrifi. Incredibile anticipazione di scottanti verità che verranno poi riprese nel best seller di Dan BrownIl codice Da Vinci”, tra l’altro “La buona novella” è stato definito dallo stesso De André come “il migliore disco scritto e meglio riuscito”.

Il 1971 è l’anno di “Non al denaro, non all’amore né al cielo” con testi profondamente ispirati alla poetica di Edgar Lee Masters e le musiche di Nicola Piovani, riconosciuto come lavoro compiuto e meditato, ma non tra i migliori, storia diversa riguarda l’album del 73’, “Storia di un impiegato”, massacrato dalla critica perché considerato uno spudorato riferimento politico a fatti di cronaca, il valore artistico di tale capolavoro verrà riconosciuto solo alla fine degli anni 90’.

Vi è aria di denuncia anche nel 45 giri “Una storia sbagliata/Titti” in cui l’autore rievoca la tragedia della vicenda legata all’uccisione di Pier Paolo Pasolini, una canzone tormentata, nata “su commissione” come ricorda lo stesso De André in diverse interviste, nata come sigla per alcuni documentari dedicati a Pasolini.

Tra le sperimentazioni del maestro, rientra Crueza de ma del 1984, un disco dedicato alle minoranze linguistiche, per questo scritto interamente in dialetto genovese. Nel 1985 partecipa al Festival di Sanremo, ma come autore di Faccia da cane, composta con Roberto Ferri per I New Trolls.

Regala agli anni 90’ “Le nuvole” prezioso cimelio musicale giocato sulla simbologia dell’oscurantismo dei potenti, in cui si annoverano diverse collaborazioni: Ivano Fossati col quale scrive due testi in genovese con le musiche di Pagani, mentre con Massimo Bubola collabora al brano Don Raffeaè (eseguita dal rapper napoletano Clementino, in occasione della serata cover, durante la 66° edizione del Festival di Sanremo).

Il De André maturo e appesantito dalle troppe deflagrazioni sociali emerge in “Anime salve”, album del 1966, in cui dipinge un campionario umano che va dal rom, passando per la perdizione e la solitudine dei marinai, fino ad arrivare allo scandalo del transessuale.

De André morirà l’11 gennaio del 1999, a causa di un carcinoma polmonare. La malattia usciì allo scoperto, proprio il giorno in cui si sarebbe dovuto esibire a Saint Vincent, per una nuova tappa della sua tournée estiva del 1998, quello stesso tour ricordato con clamore, poiché durante un’ esibizione, il cantautore aveva sottolineato quanto la presenza della criminalità organizzata, inferisse “positivamente” sull’occupazione giovanile.

De André è stato, un cantautore, un politico, un polemico, egli ha messo in musica tra le righe dei suoi versi gran parte della sua gioventù “bruciata”, è stato un visionario ed un pessimista radicale, ha saputo fare, del racconto cronistico, uno spunto di riflessione poetica, ma non solo…

Fabrizio De André è stato e rimane il “Faber” della musica poiché come abile artigiano è stato in grado di manipolare e plasmare, diversi aspetti della realtà, servendosi del sapiente e costante aiuto della musica, per attuare le sue incredibili narrazioni.

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