18 Febbraio 2021 - 12:53

Fabrizio De Andrè: la storia dietro la canzone “Don Raffaè”

Fabrizio De Andrè - Don Raffaè

Vi va di scoprire la storia dietro la canzone “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè? Tante citazioni tratte da libri, canzoni e non solo…

Io mi chiamo Pasquale Cafiero e son brigadiere del carcere oinè“, leggendo soltanto questo verso sicuramente avete riconosciuto il titolo del brano, e se proprio vi sfugge ve lo dirò: “Don Raffaè“, il capolavoro di Fabrizio De Andrè. Tratto dall’album pubblicato nel 1990 “Le nuvole“, “Don Raffaè”, scritto insieme a Massimo Bubola e Mauro Pagani, si presenta con una caratteristica unica: il dialetto. Uno degli aspetti più interessanti della produzione di De Andrè è stato proprio l’utilizzo del dialetto come nei brani Crêuza de mä, Jamin-a (dialetto genovese), Zirichiltaggia (Baddu tundu) in dialetto gallurese e, appunto, Don Raffaè, in napoletano.

Storia

Il brano narra la vita di Pasquale Cafiero, un agente di polizia penitenziaria che denuncia la situazione drammatica all’interno delle carceri italiani che sono sottomesse dal potere delle organizzazioni criminali. Nel “braccio speciale” chiede favori a Don Raffaè (probabile allusione al boss Raffaele Cutolo) come un cappotto per un matrimonio, un posto di lavoro per il fratello. Nel ritornello risuona “‘il caffè”, citando una canzone di Domenico Modugno: “‘O ccaffè“, canzone che spiega proprio la filosofia del caffè.

La chiave d’ispirazione di questo brano è un libro: gli “Alunni del Sole” di Marotta, in cui troviamo Don Vito Cacace che la sera raduna un bel po’ di persone a cui legge il giornale. Sicuramente non manca il riferimento a Raffaele Cutolo, infatti, quest’ultimo pensando che la canzone fosse ispirata a lui, scrisse a De Andrè per chiedere conferma in merito e complimentandosi per il brano. De Andrè, ringraziò ma non rispose alla domanda posta da Cutolo.

All’interno del brano non manca l’attacco allo Stato: “E lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna…“, verso ispirato dal discorso di Spadolini, quando si precipitò a Palermo in occasione di una delle stragi mafiose, “poi getta la spugna con gran dignità“.