12 Luglio 2017 - 11:59

I Foja si raccontano in esclusiva per ZON

Foja

Intervista in esclusiva con Dario Sansone, frontman dei Foja che ieri si sono esibiti a Piazza dei Giovani di Fisciano, in un’intervista tra l’amore per la musica e la città di Napoli

[ads1]

I Foja, gruppo musicale italiano, nascono nella primavera del 2006. La loro carriera discografica ha inizio nel 2011, con l’album “Na Storia Nova”, pubblicato sull’etichetta Full Heads. Il primo singolo dell’album ” o sciore e o viento” ha raggiunto su YouTube 1.500.000 views, riscuotendo uno straordinario successo.

La band è composta da Dario Sansone(voce e chitarra), Diego Abbate (chitarra), Giovanni Schiattarella (batteria), Giuliano Falcone (basso). I Foja sono i maggiori esponenti del filone musicale folk-rock e la loro melodia partenopea, fatta di tradizione e modernità, è una vera e propria rivoluzione della musica italiana. I brani come “tu me accire”, “a malía” e “che m’he fatto”, sono il risultato dell’innovativo sound napoletano dei Foja. I testi e la musica narrano emozioni, rabbia,malinconia, vitalità ed entusiasmo.

Proprio ieri sera, in occasione dell’evento organizzato dall’Associazione Universitaria Sui-Generis il gruppo ha incantato con le proprie note più di 3000 persone, anticipati dal gruppo folk-popolare A Voce D’o Popolo e dal Conte Biagio che non hanno deluso le aspettative. Dario, frontaman del gruppo ha chiacchierato un pò con noi, raccontando il suo ultimo lavoro, l’amore per la musica e l’amore per la città di Napoli.

Lo dicono in tanti, “O’ treno che va” è il disco della vostra maturazione

“Questa è la percezione esterna, la nostra percezione è che abbiamo fatto un lavoro dove abbiamo messo l’anima in tutto e per tutto, mettendoci dentro ciò che ci piace e siamo molto curiosi di sapere dopo questo disco cosa accadrà. Per adesso portiamo in giro le canzoni e continuiamo sul treno a viaggiare”.

Raccontate la strada attraverso le vostre sonorità Blues e il vostro Rock, ma si puo’ dire che siete anche molto raffinati ed eleganti?

“Diciamo che non sappiamo esattamente se siamo eleganti ma sicuramente onesti e puliti (ride), sicuramente entrare in determinati contesti dove apparentemente un certo tipo di musica non è favorita è una bella sfida, figlia anche di un determinato background che ti permettere di saperci stare in quei posti. Ovviamente suoniamo per gli altri perché cantarsela e suonarsela da soli non è una bella cosa”.

Pensiamo a “Duorme”, “Gennaro è fetente” o “Buongiorno Sofia” viene alla luce una certa sensibilità romantica verso la città di Napoli

“Noi siamo ragazzi d’Ammore, veniamo dai Quartieri Spagnoli, Secondigliano, Ponticelli, Vomero e Capodimonte e abbiamo avuto una sala prove per tanti anni a Bagnoli, insomma abbiamo coperto tutto l’interland Napoletano. Siamo figli di questa grande città, romantica e piena d’amore, la nostra”.

Scrivere in Napoletano è stata più una scelta o una necessità?

“E’ stato il modo più onesto e sincero nella mia ricerca di cantautore per dire quello che pensavo e come la pensavo, con la passionalità della nostra lingua che mi fa stare bene quando la esprimo. Quindi direi decisamente una necessità più che una scelta, anche perché abbiamo scelto questa necessità (scusate il gioco di parole) in un momento in cui il dialetto non era proprio in uso a Napoli (si riferisce negli anni della loro nascita, 2006) figlia della delusione dell’ultima ondata dei gruppi quali 24 Grana, 99 Posse e Almamegretta. All’inizio venimmo criticati per la scelta che prendemmo dato che agli albori adottammo uno stile Grunge rispetto a quello che suoniamo ora. Un Melting Pot un po’ strano ecco”.

E’ importante la gavetta o magari sfruttare l’onda del “momento” e rischiare di bruciarsi?

“La gavetta è fondamentale, c’è sempre da imparare anche da chi viene dopo di te in senso temporale, quella è la vera gavetta magari non prendendosi troppo sul serio ed essere aperto a tutto”.

I vostri “colleghi” de La Maschera, recentemente sui nostri canali, dissero che Napoli è allo stesso tempo triste e divertente, per voi com’è?

“Io la trovo più melanconica, Napoli ha una sorta di Saudade con una linea sottile, che penso si esprima anche con la nostra musica, tra l’allegria immensa e questo senso di Pucundria, quindi è un filo perché Napoli è sia barbara che nobile”.

Dove va questo treno?

“E chi lo sa, il treno va quindi noi siamo curiosi di sapere dove va, si fanno cose per aprire delle porte e scoprire cosa ci sia oltre, in quelle stazioni da affrontare con curiosità che ci spinge sempre sempre oltre. L’importante è che questo treno va”.

[ads2]