Happy! 2: il grottesco, la violenza e la cultura pop nelle serie TV
La seconda stagione di Happy! porta in dotazione più violenza rispetto alla prima. Ma, contemporaneamente, regala una storia più intimista e riflessiva
Questo prodotto è uno di quelli senza mezze misure. Guardando Happy!, ci si accorge di come sempre più raramente le serie TV regalino più prodotti adatti ad un pubblico vasto, commerciale, in modo da mostrare sempre una serialità composta. Ma che succede quando elementi come il caos, l’umorismo grottesco, l’iper-violenza, lo splatter e alcuni elementi tradizionali del dramma familiare si uniscono per dar vita ad un prodotto? Semplice: accade la seconda stagione della serie creata da Grant Morrison.
Per gli amanti della serialità televisiva, quest’ultimo nome non suonerà familiare. Anzi, ai più risulterà addirittura sconosciuto. Questo perché Morrison, candido scozzese, non è legato agli ambienti delle serie TV e del media televisivo. Tutt’altro. Morrison è legato a doppio filo con quella che viene definita ormai la “nona arte”: il fumetto. E, proprio dal fumetto omonimo disegnato da Darick Robertson, nasce Happy! Lo show, inutile negarlo, è uno dei prodotti più violenti e splendidamente pop degli ultimi anni, un vero e proprio gioiellino (ricoperto di schizzi di sangue, ma pur sempre un gioiellino).
La serie TV risente della freschezza e della spensieratezza tipiche di Morrison anche nei fumetti (chiunque abbia letto il suo Batman & Robin capirà l’allusione), collegata ai classici mondi visionari che lui crea dal nulla, come veri e propri gioielli (il suo meraviglioso fumetto Arkham Asylum, non a caso, è la graphic novel più venduta di sempre di Batman, battendo anche quelle di Miller). Ad essa, Morrison aggiunge un grado di iperrealismo e di umorismo tipici anche dei suoi fumetti, rendendo al pubblico una serie permeata sia dalla follia che dagli oscuri ambienti “hard-boiled” classici di serie come I Soprano.
Ma andiamo con ordine e vediamo di cosa parla la seconda stagione.
La convivenza da genitore
La storia di Happy! ruota intorno ad un ex poliziotto, Nick Sax (un grandissimo Christopher Meloni). L’uomo è un alcolizzato incline a scoppi di rabbia, caratteristica che gli è costata il distintivo. Da allora Nick è un mercenario alle dipendenze della malavita della città. In seguito al rapimento e al ritrovamento di sua figlia, cercata tramite il suo amico immaginario Happy (un unicorno azzurro), il detective scopre una rete inquietantissima guidata da Sonny Shine (un camaleontico Christopher Fitzgerald), la star di un programma per bambini, dal sicario Smoothie (un mostruoso Patrick Fischler) e dallo psicopatico Very Bad Santa (Joseph D. Reitman).
Da allora, le vite di Nick e della sua famiglia, composta dall’ex moglie Amanda (Medina Senghore) e dalla figlia Hailey (Bryce Lorenzo), non sono più le stesse. Happy ha abbandonato Hailey, convinto che la bambina non abbia più bisogno di lui e ora l’unicorno volante è partner a tempo pieno di Nick il quale sta tentando di ripulirsi.
Nel frattempo, però, Sonny ha un nuovo piano: riportare in auge la Pasqua grazie a una serie di atti violenti che possano attirare l’attenzione sulla comunità cattolica. Tra trafficanti di organi e suore che esplodono a Times Square, questa volta non è Babbo Natale il vero pericolo, ma un coniglio pasquale vestito di lattice nero. Elementi che non lasciano spazio a commenti, se non in chiave bizzarra e curiosa.
Divertimento, follia e famiglia
Nella seconda stagione di Happy! c’è spazio per tutto. Lo show mantiene la sua consueta dose d’intrattenimento che aveva mostrato anche nella prima stagione. L’umorismo resta grottesco, assurdo, i personaggi al limite del folle e dell’esagerato. Insomma, tutti elementi già potuti apprezzare precedentemente. In contemporanea, però, apre anche uno scenario più intimista e psicologico, che si può ritrovare nelle figure di Nick, della figlia Hailey e del suo amico immaginario Happy.
I tre personaggi, infatti, hanno occasione di mettere in mostra e ricostruire il loro rapporto, messo in difficoltà dai traumi passati sia dall’una che dall’altra parte. Un rapporto che non lesina anche di traumatizzare e sconvolgere la vita di tutti e tre, fino a farli quasi impazzire. Ma, al centro della seconda stagione di Happy! vi è anche l’amore che un genitore può provare per la figlia. E quello che un amico può provare nei confronti di un altro amico. Tanto da far arrivare anche gli stessi Nick e Happy a gesti assolutamente imprevedibili, pur di comprendere Hailey.
In mezzo, spicca ancora una volta la follia e l’iperviolenza che connota la serie non adatta per i deboli di cuore. Esoterismo, possessioni, critica alla religione, traffico di organi e corse di cavalli. Insomma, non manca davvero nulla.
Lenta carburazione
C’è, però, una falla nella seconda stagione di Happy! E sta tutta nella lenta gestione della serie. D’accordo, naturalmente il prodotto è in crescendo. Nelle prime puntate, però, si ha una vera e propria stagnazione, con la vicenda che fatica a sbloccarsi e che non decolla. Inoltre, vi è una vera e propria ombra “fumettosa” che rende il tutto meno credibile.
Certo, già dalla terza/quarta puntata il ritmo riprende il suo fisso binario. Ma il rischio maggiore è che lo spettatore arrivi con fatica proprio alla terza/quarta puntata, proprio per via della partenza “diesel” della nuova stagione. Niente di preoccupante, naturalmente. Ma è un aspetto che andrebbe sicuramente curato meglio. La fotografia ruba la scena, con le sue luci quasi “psichedeliche” (merito sicuramente anche di Morrison, abituato a certi scenari), che coprono i momenti in cui la regia (troppo ordinaria) e il sonoro stentano.
Nel complesso, però, ci ritroviamo di fronte un piccolo capolavoro. Naturalmente, un altro difetto della serie è quello di non essere un prodotto per tutti, soprattutto per i deboli di stomaco. Per chi sguazza in questi ambienti, però, lo show rappresenta un must.
Peccato solo per la recente cancellazione.
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