Helsinki, Trump e Putin: un incontro per lo share
Sul piatto oggi, ad Helsinki, ci sarà ben poca sostanza, ma molta immagine. Putin parte da una posizione di vantaggio rispetto al collega
Una discussione per metterci la faccia. Questo il vero motivo dell’incontro oggi, ad Helsinki, tra Donald Trump e Vladimir Putin. Quasi per tutti, infatti, c’è la convinzione che dal summit non uscirà niente di davvero concreto. E che il dialogo servirà solo per aumentare l’immagine di una delle due nazioni, a discapito dell’altra.
Del resto, i pareri pessimistici trapelano addirittura dallo stesso presidente degli Stati Uniti, che su Twitter ha alzato il tiro: “Il nostro rapporto con la Russia non è mai stato peggiore di così.”
Aspettative molto basse dunque per entrambi, sebbene Putin parta comunque da una posizione di vantaggio rispetto al corrispettivo statunitense.
Uno degli argomenti che verrà sicuramente trattato ad Helsinki sarà la questione dell’Ucraina. L’annessione russa della Crimea nel 2014 potrebbe essere oggetto di ulteriori aperture americane. Di recente, il governo di Kiev ha ricevuto assicurazioni da Washington sul fatto che la politica USA sulla Crimea rimane inalterata. Permangono comunque forti preoccupazioni su cosa il presidente potrà concedere a Putin.
Altri temi che verranno quasi sicuramente toccati saranno la Siria e il rinnovo del New Start Treaty, firmato nel 2010. Dal punto di vista americano, vi sono molti dubbi sul rinnovo di quest’ultimo. Da parte russa, la confederazione chiede che il sistema di difesa missilistico dell’Europa dell’est venga inserito nel negoziato. Sarà sicuramente un altro tema delicato.
A parte questo, come già ribadito, conterà di più l’aspetto propagandistico dell’incontro. Sul tema delle interferenze russe, Trump ha le sue gatte da pelare. E questo proprio all’interno della sua stessa amministrazione, non convinta che danneggiare le relazioni internazionali con il paese europeo sia la mossa più consona da perseguire. Questa escalation è stata ostaggio delle polemiche dei democratici e addirittura di alcuni senatori repubblicani.
La guerra all’interno
Lo stesso senatore repubblicano John Kennedy ha spiegato che non ci si può fidare di Putin, paragonando l’accordo con il Cremlino ad uno con la mafia. Anche il suo collega Thom Tillis non ha certo scherzato, delineando una certa presenza esterna e mettendo di fatto i bastoni tra le ruote del suo presidente.
“Prima deve passare dal Congresso. Qualsiasi intesa tra Putin e Trump non avrà comunque valore.” ha dichiarato.
In pratica, è arrivato una sorta di alt dallo stesso Partito Repubblicano, che resta profondamente sospettoso nei riguardi di Putin. E qui entra in gioco l’interesse russo alla vigilia dell’incontro di Helsinki. Le ultime esternazioni di Trump contro l’Europa e la Nato hanno colto di sorpresa perfino gli ambienti politici russi. Nessuno si aspettava una vera e propria spaccatura tra Europa e Stati Uniti.
L’aperta crisi è già una vittoria per Mosca, che a questo punto parte da un’ulteriore situazione di vantaggio. C’è poi il tema del ritorno di immagine che il meeting di Helsinki può offrire a Putin. Dopo il successo dei Mondiali di calcio, Putin può godere di una nuova importante ribalta e di un significativo riconoscimento, interno e internazionale.
Tramite questi mezzi, lo stesso Putin è tornato a parlare da pari con gli USA. E non è detto che questo non porti ad una riammissione all’interno del G7. Ecco perché soltanto l’entrata nel palazzo presidenziale di Helsinki è per Putin un successo.
Trump deve correre ai ripari. E subito.
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