5 Gennaio 2018 - 16:48

L’insegnante che percuote i bambini commette reato di maltrattamenti?

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L’insegnante, che percuote e minaccia i bambini, commette il reato di maltrattamenti o quello di abuso dei mezzi di correzione? La Corte di Cassazione ha risposto al quesito delineando il discrimine tra le due ipotesi delittuose

Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza n. 47299/2017. Commento a cura dell’ Avv. Luca Monaco

L’insegnante, che percuote e minaccia i bambini, commette il reato di maltrattamenti o quello di abuso dei mezzi di correzione? La Corte di Cassazione, mutuando e consolidando i pregressi orientamenti di legittimità, ha risposto al quesito con una recentissima pronuncia, delineando la linea di discrimine tra le due diverse ipotesi delittuose.

La vicenda vedeva indagata un’insegnante di una scuola dell’infanzia, a cui era contestato il reato di maltrattamenti, ex art. 572 c.p., per avere ripetutamente fatto ricorso a imprecazioni, minacce e violenze fisiche e psicologiche all’interno di una classe di dieci bambini. Il Tribunale del riesame, accogliendo l’impugnazione del pubblico ministero avverso l’ordinanza del Gip, reiettiva della sua richiesta cautelare, applicava alla donna la misura della sospensione dall’esercizio dell’ufficio di insegnante.

L’indagata proponeva ricorso per Cassazione, censurando, ai fini cautelari, la configurabilità del reato di maltrattamenti, ex art. 572 c.p., ritenendo, viceversa, che le condotte addebitatele potessero essere più correttamente sussumibili nella meno grave ipotesi di abuso dei mezzi di correzione di cui all’art. 571 c.p..

La Suprema Corte, tuttavia, era di diverso avviso, muovendo dall’assunto in base al quale la configurabilità del reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone in ogni caso che la risposta “correttiva” delle istituzioni scolastiche non travalichi mai l’alveo di proporzionalità rispetto alla gravità delle condotte devianti dell’alunno, ricorrendo addirittura a un uso sistematico e ingravescente di condotte violente o particolarmente vessatorie sul piano psicologico, tali da incidere negativamente sulla normale evoluzione della personalità del minore.

Invero, osservavano i Giudici di legittimità, l’intento educativo dell’insegnante, sotto il profilo soggettivo, non costituisce un elemento dirimente ai fini della qualificazione giuridica di reiterati atti di violenza, verbale e fisica, nell’alveo dell’ipotesi meno grave di cui all’art. 571 c.p., di talché l’uso sistematico della violenza, quand’anche sorretto, sul piano della soggettività, da un “animus corrigendi”, integra il più grave delitto di maltrattamenti, ex art. 572 c.p..

In definitiva, alla stregua del postulato ermeneutico della Suprema Corte, per porre una linea di demarcazione tra le due fattispecie in discorso, è rilevante la valutazione circa la sussistenza di un nesso indissolubile e diretto tra il mezzo abusato e la finalità correttiva; laddove questo sussista, è configurabile il reato di abuso dei mezzi di correzione, viceversa, si concretizza il delitto di maltrattamenti. Tale nesso, tuttavia, necessita di un vaglio esclusivamente sul piano dell’oggettività, non essendo dirimente l’intenzione meramente soggettiva dell’insegnante di educare (o correggere) il fanciullo.

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