Isis: detenuti legati a colonne e fatti esplodere
Non si ferma la furia dell’Isis: prosegue il bagno di sangue, stavolta con i tre prigionieri uccisi barbaramente a Palmira
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L’Ondus (Osservatorio nazionale per i diritti umani) denuncia le esecuzioni messe in atto dallo Stato Islamico, le quali divengono sempre più violente dal momento in cui i miliziani hanno conquistato una vasta area del territorio siriano. Oltre alle decapitazioni, sono state infatti allestite crocifissioni pubbliche e uccisioni di soldati falciati da un carro armato. È quanto riportato dal Site, sito sul monitoraggio del terrorismo islamico, il quale ha descritto nei raccapriccianti dettagli la procedura di esecuzione. Numerosi militari, in Iraq e Siria, sono stati costretti a scavare la propria fossa, per poi essere fucilati o sgozzati dai terroristi.
Panico anche nelle scuole in Libia, dove lo Stato Islamico ha decapitato tre giovani. Nel paese, nel giro di pochi giorni, sono state crocifisse 12 vittime, per aver fumato sigarette o hashish, sostanze tradizionalmente proibite dal Corano. Per l’Isis, la Libia è divenuta una roccaforte più sicura e momentaneamente estranea ad attacchi aerei russi o statunitensi: è in questi territori che i nuovi aspiranti jihadisti praticano la propria guerra facile, la quale, altrimenti, sarebbe ormai impraticabile in contesti come Siria o Iraq.
Tuttavia, la maggiore violenza esercitata è quella culturale e psicologica. È bizzarra la ferocia che i miliziani attuano nei confronti dei siti archeologici, Palmira in particolare.
Come afferma Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco: “Gli estremisti sono terrorizzati dalla storia e dalla cultura, poiché la conoscenza del passato toglie credibilità e delegittima tutti i pretesti usati per i loro crimini”. Potrebbe essere questo uno dei motivi inconsci che spingono lo Stato Islamico a compiere tali efferatezze, oltre al semplice divertimento morboso.
Violenze ed esecuzioni hanno trasformato un luogo di grande importanza storica in un tempio mercenario del sacrificio. È in corso una mobilitazione internazionale dei governi europei e delle associazioni culturali no-profit per impedire ulteriori danneggiamenti dei siti archeologici dell’area orientale, considerati da sempre un patrimonio dell’umanità.
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