28 Agosto 2015 - 11:37

La “campagna elettorale preventiva” di Renzi e Poletti

Nelle ultime settimane del mese il Premier/Segretario Renzi e il Ministro Poletti si sono resi protagonisti di vicende alquanto maldestre. I due, attraverso una sorta “campagna elettorale preventiva”, hanno cercato di invertire la tendenza elettorale dell’ultimo periodo

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Nelle ultime settimana, a causa della limitata attività legislativa e decisionale causa “ferie estive”, la politica (in particolar modo la maggioranza di governo) si è dilettata con un altro sport che riemerge soprattutto in periodi di disaffezione politica: la “campagna elettorale preventiva”.

Questo enorme potere, che sfrutta tutte le manifestazioni in vista e tutti i media esistenti, si avvale della presenza di numerosi spot elettorali, basati sul motto “da settembre si farà”, o sulla bontà di un provvedimento da poco varato.

Accade così che ogni momento diventa buono per apparire e ogni mancanza, evidenziata dalla realtà fino a quel momento, trova una rapida e totale soluzione.

La "campagna elettorale preventiva" di Renzi e Poletti

La “campagna elettorale preventiva” di Renzi e Poletti

L’agosto 2015 si è reso celebre soprattutto per due aspetti che hanno, in un certo senso, evidenziato una determinata continuità con le esperienze precedenti (soprattutto berlusconiane): l’eliminazione delle imposte sulla casa e l’aumento dell’occupazione.

Nel primo caso il protagonista è stato il Presidente del Consiglio/Segretario Matteo Renzi che, intervenendo al Meeting di CL (da sempre vetrina per il consenso politico ed elettorale), ha messo al centro del suo discorso il tema della casa.

Il premier ha affermato che “In Italia la tassazione è esagerata” e che quindi è necessario iniziare a tagliare le imposte partendo dall’IMU e dalla TASI(che sarebbero abolite).

Questa dichiarazione, come affermato anche dal Financial Times, ricorda tanto il precedente “salvatore dell’Italia” Berlusconi (che ha trattato gli stessi argomenti a suo tempo) e ricorda una strategia già adottata durante il periodo elettorale per le europee (con i famosi 80 euro) che tendeno a disintegrare la programmazione politica (e anche l’ ars politica in quanto “arte del possibile”) a favore di qualcosa di incerto da approvare ed esclusivamente propagandistico-populista.

A questo argomento si collega,  invece, il secondo ad opera del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti; illustrando una tabella sui nuovi contratti a tempo indeterminato, il Dicastero ha indicato la presenza, nel periodo gennaio – luglio, di 630.585 di nuovi contratti.

A seguito delle inchieste di “Repubblica” e “Il Manifesto” (che hanno svelato le incongruenze nei calcoli del Ministero) sono stati resi noti i veri numeri, pari a 327.758 (la metà circa).

Anche in queto caso, come per il precedente, proprio quando le opinioni di diversi esperti evidenziano le mancanze del jobs act e i “raggiri” possibili grazie alla nuova riforma (vedi riassunzione per ricevere gli sgravi contributivi o i voucher), parte la campagna di difesa dell’atto attraverso numeri impensabili (anche se inventati).

In questo caso la valutazione è stata per due volte superficiale in quanto non si descrive precisamente quanti contratti sono stati convertiti (da tempo determinato a indeterminato), che hanno creato occupazione zero, e quanti sono quelli cessati (quattro milioni circa).

Come sempre il potere mediatico rimane una grande “arma di distrazione di massa” che riesce ad inserirsi nei momenti di calma piatta e forte opposizione popolare.

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