2 Aprile 2015 - 10:00

La cena delle beffe, eros e thanatos nella cultura fascista

la cena delle beffe

La cena delle beffe esprime la tendenza all’autodistruzione tra eros e thanatos. Diventato celebre per una Clara Calamai audace e sensuale, perché passa alla storia del cinema?

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La cena delle beffe, Alessandro Blasetti 1942. Un film importante, nuovo, scomodo. Siamo ormai vicini al trapasso dal cinema sotto il regime fascista al Neorealismo, e se fosse stato un altro regista a realizzare un film come La cena delle beffe, forse avrebbe avuto qualche problema di distribuzione. Il cinema di Blasetti s’inserisce tra l’appoggio e lo smascheramento del Fascismo: questo film, è un melodramma ben costruito per dire altro rispetto alla storia che vediamo.

la cena delle beffe

Clara Calamai in La cena delle beffe

Eros e thanatos, giovinezza e follia, amore e piacere. Una sorta di riadattamento moderno del Rigoletto di Giuseppe Verdi, La cena delle beffe rimane un film denso, ricco di spunti, che passa alla storia del cinema soprattutto per l’apparizione del primo nudo femminile: il seno di Clara Calamai.

La trama, nella sua articolata psicologia, segue una linea piuttosto semplice: Osvaldo Valenti (Giannetto Malespini), ambiguo personaggio in epoca fascista, ama e desidera ardentemente Ginevra (Clara Calamai), che gli viene rubata da Amedeo Nazzari (Neri Chiaramantesi). Tra i due nasce un conflitto che termina nella morte, attraverso la costruzione della beffa, strumento che trasforma la storia in un melodramma cupo e autolesionista (come il famoso Rigoletto).

In La cena delle beffe scenografia, tematiche, lessico sono piani di lettura che rendono dinamico il film apparentemente piatto. Una scenografia pesante, in cui prevalgono gli interni e i contrasti. Ambienti molto decorativi, appesantiti da lesene, colonne, porte che si aprono dentro altre porte, la ricorrenza di sbarre, che reprime chi attraversa quei luoghi e opprime chi resta fermo a guardare.

Le tematiche in La cena delle beffe sono una sorta di celebrazione e critica della cultura fascista. La bellezza, che si esprime nel fisico perfetto e nel fascino virile, interpretato da un Amedeo Nazzari in ottima forma, tramuta in pazzia. Sebbene la follia sia inizialmente costruita dal rivale Osvaldo Valenti, diventa infine la reazione umana alla tragedia.

la cena delle beffeGinevra, poi, motore degli eventi; cosa incarna? Ginevra è la personificazione della sessualità, del desiderio, del possesso, del piacere. Clara Calamai è la calamita intorno cui i due uomini, il bello e il deriso, sono in guerra per conquistare quella donna che conta più della morte.

Il lessico in questo film è innovativo e fortemente dichiarativo di un sistema che sta per crollare. Termini come “aizzare”, “guardare”, “incatenare”, “proibito”, “bramosia”, “inganno”, “goduta”, “inchiodato”, “male”, “odio”. Tra Osvaldo Valenti e Amedeo Nazzari si esprime un senso rivoluzionario della condizione umana, che vuole abolire quella bella forma che, nel piacere della tortura, sta portando alla follia, alla schizofrenia e all’autodistruzione. 

Sono inchiodato al male“, recita Giannetto, perché il piacere si mescola così con il piacere sessuale, con la pulsione inconscia di possedere, fino alla vendetta e alla rovina dell’ordine delle cose.

Al culmine della storia, Amedeo Nazzari rimane ingannato dalla beffa, quel lato goliardico che frantuma l’esterno (che compare pochissimo nel film), in cui si deve manifestare tutta la grandezza e razionalità fascista. Uccide il suo amico, credendo di eliminare il suo rivale; sarà un mantello, nero, a mascherare l’identità dell’uomo che incontra la morte quando decide di godere con Ginevra. Il sesso così, segna il limite tra la vita e la morte in quest’Italia tormentata che sta per ribellarsi.

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