L’alfabeto dei bulli: due sociologi propongono un codice speciale
Come parlare ai ragazzi di bullismo? Due sociologi rispondono a questa domanda con l’Alfabeto dei bulli nel corso del progetto “Ciao Tour”
ALFABETO DEI BULLI – Come parlare ai ragazzi di bullismo? Due sociologi, Sergio Mantile e Valeria Smitti, rispondono a questa domanda illustrandolo sotto forma di alfabeto nel corso del progetto “Ciao Tour”. A riportare la notizia è il quotidiano Il Mattino.
Ecco l’alfabeto completo:
A come approccio. Non teorico. Esercizi socio-drammatici aiutano gli alunni divisi in gruppi a “scacciare” i bulli
B come Barbanera. Il pirata trasformato in icona per svelare le tecniche del terrore: look, violenza verbale e intorno gregari
C come confessione. Mai a inizio lezione. Per raccontare un episodio di bullismo subito o inflitto serve un clima di accettazione e di condivisione solidale
D come docenti e dirigenti. Collaborazione fondamentale per far emergere le problematiche della classe o di un singolo alunno, e seguirne gli sviluppi
E come emozione. Colonne sonore aumentano l’attenzione e stimolano la comprensione dei fatti
F sta per finzione. Sdrammatizzare i racconti, mostrarne l’aspetto ridicolo. Nel teatro in classe, la vittima manda al diavolo i bulli
G come gruppo o guerra. La piramide: sotto un capo temibile, i gregari. Una tipica organizzazione militare
H come acca aspirata da una ragazza di origine africana: la pronuncia strampalata delle parole in italiano diventa simpatica e non motivo di sfottò
I come interconnessione. Il linguaggio di cellulari e pc, familiare ai ragazzi, sfruttato per collegare cose apparentemente diverse
L come leader. Nel gruppo dei pari, è chi riesce a recepire i bisogni e le aspettative di tutti e a trovare una mediazione
M come maschilismo. Prevalente, ma il bullismo oggi si manifesta anche tra femmine
N vuol dire nascosto. Luoghi appartati, come i bagni della scuola o della palestra, strade e giardinetti lontano per sembrare invincibili dagli sguardi degli adulti
O indica l’organizzazione sociale che “salva”. Una delle tecniche di dominio del bullo è quella di indurre isolamento e solitudine nella vittima
P come pretesto. Ricercare debolezza per imporsi, dal colore della pelle alla disabiltà
Q qualità positive e negative. Il bullo coglie un aspetto solo della vittima, reale o immaginario, e lo trasforma in marchio. Stimolare i ragazzi a riconoscere anche altri aspetti dei compagni di classe e dei propri docenti favorisce l’accettazione non più riducibile a un ruolo
R come razzismo. Meno frequente in realtà miste come Castel Volturno
S come scuole. Differenti l’una dall’altra per tecnologie e stile. Covinvolte la “Belvedere” del Vomero, l’istituto “Nicolini-Di Giacomo” e il “Michelangelo-Augusto”, l’istituto “28 Giovanni XXIII-Aliotta” di Chiaiano e il “Garibaldi” di Castel Volturno. Ovunque fare squadra fa la differenza
T è il trauma patito: raccontato da una bambina, chiudendo gli occhi senza volere più riaprirli, per altri ragazzi ricorrenti nel sonno
U come unione contro il bullismo. Uno dei migliori antidoti V come violenza: fisica, verbale, simbolica. Non si può ignorare che l’intera società si esprime continuamente in questi termini, dai film ai videogiochi
Z come Zorro. L’esatto contrario del bullo. Solo contro molti, anziché molti contro uno. Non afferma la sua viltà sui deboli, ma il suo coraggio contro i prepotenti
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