“Come le lucciole” l’arte come resistenza a Rijeka
Sedici artisti “Come le lucciole” nella mostra che si tiene in questi giorni al MMSU di Rijeka (Croazia), a cura di Raffaella Barbato
[ads1]Dietro l’apparente fragilità — e poeticità — delle lucciole si cela una metafora di crisi sociale ed ambientale e delle sue nefaste conseguenze. Ma la luce fioca di questi insetti è tornata da qualche anno a brillare, anzi sembra non essere mai del tutto scomparsa, instillando così la speranza di un cambiamento possibile, di una resistenza culturale che può ancora avere voce. Così a Rijeka, in Croazia, presso il Museo di Arte Moderna e Contemporanea (MMSU), sedici artisti danno vita al progetto espositivo dal titolo “Come le lucciole”, a cura di Raffaella Barbato.
L’antica Fiume è da sempre una città di confine, un crocevia culturale e linguistico, ed è proprio in questo contesto che trova terreno fertile la proposta di riportare in vita il barlume delle “lucciole” rievocando il saggio di Georges Didi-Huberman, Come le lucciole. Una politica della sopravvivenza (2010). Partendo da quell’ultimo “genocidio” decretato dal neocapitalismo e denunciato nel 1975 da Pier Paolo Pasolini, la considerazione del filosofo francese è quella di una speranza che viene veicolata da quelli che chiama “uomini-lucciole”, “parole-lucciole” e “saperi-lucciole”. Gli artisti si sono quindi interrogati sui temi trattati da Didi-Huberman, dalla questione dei “popoli” alla vera e propria “sopravvivenza” dell’umanità, traducendoli in una pluralità di punti di vista, attraverso diversi linguaggi mediali, che rappresentano il “silenzioso”, ma tangibile, fil rouge della mostra.
L’installazione “Island of the dead. You are welcome – you are not welcome” di Ciro Vitale coinvolgendo più livelli sensoriali diventa presenza corporea della questione migratoria e di accoglienza, nonché della negazione del diritto alla morte. Risponde con dinamiche vicine al “traumatico” e allo “spettrale” (Foster) l’opera dello svizzero Oppy De Bernardo, il quale con “Souvenir from Lampedusa” crea un evidente contrasto tra il tipico “vestito della domenica” di una normale famiglia, composta dai genitori e due bambini, e la natura del materiale, ovvero i sacchi utilizzati per depositare i corpi di coloro che approdano sulle coste lampedusane.
In conflitto con quel “global-esistenzialismo” ravvisato dalla Barbato, al quale ogni cultura va conformandosi, si pongono le opere di Jota Castro, Francesca Capasso e Pier Paolo Patti, sottili quanto incalzanti richiami alla presa di coscienza personale e sociale. Nemanja Cvijanovic con “Morte al fascismo”, suggerendo un paradossale rovesciamento dei ruoli, sottolinea come le istituzioni continuino a demolire ed annientare quei diritti dei quali dovrebbero essere garanti, con la conseguente manipolazione della realtà messa in luce dal collettivo Fokus Grupa in “Platform” e che prende forma nell’installazione “Altre Resistenze” di Domenico Antonio Mancini. Sul filo del conflitto religioso e l’essenzialità spirituale si dirige invece l’intervento di Salvatore Manzi, spingendo ad una contemplazione attiva della questione. Grande risalto hanno, inoltre, i linguaggi video-performativi delle artiste Regina José Galindo, Maria José Arjona, Rosy Rox, Devrim Kadirbeyoglu, Maria Evelia Marmolejo e Mary Zygouri coronati dalla live performance di MaraM, “Labor”, realizzata in occasione dell’inaugurazione della mostra, lo scorso 20 dicembre.
In un contesto che unisce artisti italiani ed internazionali, “Come lucciole” —che ha inoltre ricevuto il Matronato del Museo MADRE di Napoli e il sostegno di altre istituzioni e gallerie del territorio— si presenta come un progetto in continuo divenire destinato a portare il barlume della resistenza culturale oltre l’esperienza croata.
Info:
“Come le lucciole” a cura di Raffaella Barbato
20 dicembre 2015 – 15 gennaio 2016
Museo di Arte Moderna e Contemporanea –MMSU- Mali Salon
Rijeka (Croazia), Korzo 24
(Immagini gentilmente concesse da Raffaella Barbato)
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