28 Luglio 2015 - 12:14

L’incertezza della pena nella nuova riforma della giustizia

La nuova riforma della giustizia, presentata alla Camera dei deputati, blocca, ancora una volta, il lavoro della magistratura. Clamorosi i tre mesi imposti per le indagini

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L’Italia è un Paese in cui la giustizia è sempre stata una nota dolente; incertezza della pena, tempi incerti e impunità dei “potenti” di turno sono delle caratteristiche che hanno sempre contraddistinto il nostro ordinamento.

Dopo i diversi richiami da parte dell’Europa e del Presidente della Repubblica Mattarella (“Nel Paese c’è un forte bisogno di legalità”) la soluzione a tale problema sembra ancora distante e le premesse per una “rivoluzione” nel campo preannunciano non uno ma ben dieci passi indietro.

Si è partiti, infatti, con la famosa (e contestatissima) “responsabilità civile dei magistrati” dove venivano ampliati i casi in cui un magistrato può essere chiamato a rispondere del suo operato e veniva disciplinata l’eventuale sanzione per i togati.

La legge, che pone un ampio freno all’attività della magistratura e mina seriamente l’autonomia dell’organo, non è che un assaggio di quello che potrebbe essere la giustizia in Italia nei prossimi anni.

Ieri (27/7/2015, ndr) è stata discussa la nuova riforma della giustizia fondata su tempi certi di indagine, limiti ai poteri di Gup e Gip, ampliamento dei diritti della parte offesa, sanzioni più severe per furti e rapine e per il voto di scambio politico-mafioso.

Basandosi esclusivamente sugli “slogan” di presentazione si potrebbe pensare ad una riforma che provveda alla risoluzione dell’annoso problema italico ma, considerando il merito dell’atto, si scoprono diversi punti che, semplicemente, aggravano la situazione.

L'incertezza della pena nella nuova riforma della giustizia

Il ministro della giustizia Andrea Orlando, fautore della riforma della giustizia

Escludendo il celebre “bavaglio” sulle intercettazioni, ritirato in extremis dalla maggioranza dem non senza esitazioni, uno dei passi più controversi è quello inerente le indagini.

Il rinvio a giudizio o la richiesta di archiviazione, secondo la riforma della giustizia, dovranno essere presentati entro 3 mesi dalla scadenza del termine o dalla conclusione delle indagini.

Ebbene sì, i pm avranno solamente tre mesi per effettuare le indagini e depositare la richiesta al gip (giudice indagini preliminari, ndr).

La nuova disciplina, che sembra descrivere un mondo ideale e non quello reale, più che agevolare i tempi e la pena (nella sua certezza) sembra favorire la “furbizia” (ed i “furbetti”) di turno.

A lanciare il campanello d’allarme è stato Piergiorgio Morosini, Presidente della Commissione Riforme del Csm.

Secondo il magistrato non solo inchieste come “Mafia Capitale” o “Expo” non sarebbero mai esistite seguendo i canoni della riforma ma la stessa rischia di “deformare l’intero settore”.

Secondo Morosini il mix di responsabilità civile e tempi ristretti nell’indagine renderebbero praticamente nullo il lavoro dei giudici che, per paura di sbagliare e di essere colpiti da una sanzione, sarebbero più propensi a tralasciare taluni casi.

Il timore del togato dell’organo di autogoverno della magistratura è quello di invalidare, in questi termini, qualsiasi azione di contrasto alla mafia e al malaffare.

Sulla stessa linea sono Maria Teresa Principato, procuratore aggiunto di Palermo, e Milto De Nozza, sostituto procuratore a Brindisi, secondo cui solamente i reati minori (vedi, citando i magistrati, furto di energia o caccia non autorizzata) potrebbero essere risolti nei tre mesi ma queli maggiormente spinosi, come quelli per mafia, subirebbero un duro colpo a seguito della riforma della giustizia.

Nello sgomento generale, quindi, il provvedimento sembra quasi favorire l’impunità generale, bloccando di fatto l’attività giudiziaria e non quella criminale, proprio nel momento in cui, date le grandi (e piccole) inchieste sorte, si richiede una maggiore efficienza dell’intero sistema.

“La giustizia dovrebbe essere uno scudo per i deboli e gli impotenti, non un club per i potenti”.
(- Anonimo)

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