5 Marzo 2025 - 12:53

Cento maratone in cento giorni: Marco Matteazzi corre contro il bullismo

Marco Matteazzi corre 100 maratone in 100 giorni per combattere il bullismo e raccogliere fondi per la Fondazione Libra. "La corsa mi ha aiutato ad accettarmi, ora voglio aiutare gli altri a fare lo stesso."

Un’impresa straordinaria, ma con un messaggio ancora più grande. Marco Matteazzi, 24 anni, ha deciso di sfidare i propri limiti per una causa importante: combattere il bullismo. Per farlo, ha scelto di correre 100 maratone in 100 giorni, un’avventura che non riguarda solo la resistenza fisica, ma anche la determinazione a sensibilizzare su un tema che lo ha segnato profondamente.

Una sfida per crescere e aiutare gli altri

“Ne ho sofferto fino alla fine del liceo”, racconta Marco. “Pesavo più di 80 chili, non mi sentivo mai a mio agio con me stesso. Poi ho capito che il problema non era il mio aspetto, ma la mia percezione di me stesso. La corsa mi ha aiutato a lavorare su questo, e ora voglio aiutare gli altri a fare lo stesso”.

Dopo aver corso 100 mezze maratone in 100 giorni nel 2024, quest’anno ha deciso di raddoppiare la sfida: 42 km al giorno, attraversando 100 città diverse. Alla fine del percorso, parteciperà anche alla 100 km del Passatore, portando il totale a oltre 4.200 km. Il tutto senza un’équipe medica al seguito, affidandosi solo al supporto tecnico di Mizuno e alla generosità di chi, tramite i social, gli offre un trattamento tra una corsa e l’altra.

L’obiettivo non è solo superare i propri limiti, ma anche raccogliere fondi per la Fondazione Libra, che si occupa di contrastare il bullismo e il cyberbullismo.

La giornata di un runner tra resistenza e sacrifici

Com’è la routine di qualcuno che corre una maratona al giorno per 100 giorni consecutivi? “Non ho molto tempo libero”, ammette Marco con un sorriso. “Cerco di dormire almeno 8 ore, anche se spesso mi sveglio prima della sveglia. A colazione mangio poco, poi mi sposto nella città in cui devo correre. Dopo pranzo inizia la maratona, alla fine saluto chi mi ha accompagnato fino al 42° km, registro un reel per i social, faccio la spesa per la cena e torno al B&B. La mia dieta? Mangio quello che capita. Poi stretching, doccia fredda e cerco di riposare”.

E il giorno dopo? Si riparte da capo. “A volte è alienante”, confessa. “Ma penso che 100 giorni siano solo una parentesi nell’arco di una vita”.

Ispirazione e critiche: la doppia faccia dell’impresa

La sua sfida sta guadagnando sempre più attenzione, e non solo tra gli sportivi. “Mi riconoscono sempre più persone”, racconta Marco. “Un commesso in un negozio di sport mi ha detto: ‘Mi raccomando, non mollare’”. Ma la cosa che più lo emoziona è vedere il coinvolgimento di chi corre con lui: “Nessuno si lamenta, anzi, molti vanno oltre i propri limiti. L’altro giorno una ragazza di 15 anni che non aveva mai corso più di 7 km ne ha fatti 21. Io non spingo nessuno a esagerare, ma è bellissimo vedere qualcuno scoprire di poter fare più di quanto pensava”.

Purtroppo, anche un’impresa del genere attira critiche. “C’è chi mi accusa di esibizionismo perché mi riprendo mentre corro, chi dice che ho ‘troppo tempo libero’ o che darei un cattivo esempio perché correre così tanto fa male”.

Ma ciò che più lo ha ferito è stato un commento legato alla sua esperienza di bullismo: “A scuola un professore mi chiamava ‘polpetta’ davanti ai miei compagni. Qualcuno ha scritto che dovrei ringraziarlo, perché senza di lui oggi sarei obeso sul divano. Ma non hanno capito: il problema non era il mio peso, ma la ferita all’autostima. Non tutti trovano la forza di reagire, c’è chi finisce in depressione e non riesce più a rialzarsi”.

Marco continua a correre, non solo per sé, ma per chi ancora lotta con le proprie insicurezze. E la sua sfida, giorno dopo giorno, diventa un simbolo di resistenza, crescita e speranza.

Fonte: RUNNER’S WORLD – Guido Tiberga