14 Aprile 2016 - 18:20

Maternità e lavoro? Si può: a Strasburgo parlamentare con bimba

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A Strasburgo è possibile la “maternità parlamentare”, come testimonia Anneliese Dodds, ma la pioniera della euro nursery è un’italiana

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Maternità e lavoro, ossessioni  delle mamme in carriera, si possono tranquillamente conciliare. Lo ha insegnato oggi Anneliese Dodds, membro inglese del Partito Laburista e del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo.

La parlamentare si è presentata con la figlia tra le braccia, una neonata di poco più di un mese, la piccola Isabelle, che ha inevitabilmente attratto gli sguardi di tutti i presenti, in particolare delle macchine fotografiche della stampa, che evidentemente non hanno potuto resistere alla tentazione di immortalarla.

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Maternità e lavoro? Si può: a Strasburgo parlamentare con bimba

Un segnale molto chiaro che, evidentemente, ha fatto di una necessità un emblema del diritto di scelta delle donne lavoratrici, che non devono vedersi preclusa la possibilità di diventare, qualora lo desiderino, anche delle mamme.

Questa coraggiosa impresa però ha avuto un precedente italiano, nel settembre 2010, e sempre a Strasburgo: il membro del Pdl Licia Ronzulli, che è andata in aula anche lei con un’infante, Vittoria,  di poco più di un mese, portata dentro un marsupio sul petto.

Ciò le è valso un applauso da parte di tutti i colleghi, ed ha commentato: “Sono qui simbolicamente con mia figlia Vittoria pensando a tutte le donne che non possono conciliare serenamente maternità e lavoro, vita professionale e vita familiare. Auspicherei un maggiore impegno da parte delle istituzioni europee sulla questione, a cominciare dal Parlamento europeo, perché tutte possano conciliare queste due vite”. (Quotidiano.Net).

In Italia, nonostante le leggi che tutelano l’intenzione di avere dei figli come maternità  e  congedo parentale previsto dalla Jobs Act, vige ancora una politica aziendale fortemente aggressiva e selettiva alimentata dal potere capitalistico, che costringe ogni lavoratrice, magari giovane o fresca sposa, a dover rinunciare al proprio desiderio perché costretta a scegliere tra il proprio lavoro e la famiglia. Ciò inevitabilmente cagiona uno stroncamento di risorse brillanti, in virtù di una mera funzione procreatrice.

Vi sono ancora iniziative discriminatorie tese all’esclusione della donna da qualsiasi contesto non solo di affermazione lavorativa, ma persino di escalation, o anche da posizioni di potere, ed il nostro paese è ancora un fanalino di coda per quanto riguarda i diritti delle donne.

Prima ancora che stimolare le istituzioni bisogna riuscire a cambiare la mentalità non solo di alcune donne, che si arrendono alle imposizioni assurde di un mercato lavorativo sempre più maschile, ma di molti, troppi uomini che, forse, si vedono minacciati dal talento delle loro colleghe e trovano, quindi, più semplice ostacolarne l’ascesa che combattere con loro ad armi pari.

foto di copertina: La Repubblica.it

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