8 Dicembre 2015 - 13:04

Messina, quando si dice “fare un buco nell’acqua”

messina

Dopo quasi un mese e mezzo dall’emergenza idrica che ha interessato Messina e provincia, la situazione non sembra essere ancora ripristinata del tutto

[ads1] L’acqua infatti, nonostante l’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale) ne abbia certificato la conformità, sembra essere, a parer di molti cittadini, “acqua gialla”, probabilmente a causa di colibatteri.

A testimoniarlo, le stesse foto shock pubblicate sui vari social. A tal proposito, è risultato interessante indagare circa le considerazioni di alcuni studenti universitari “fuori sede” che hanno vissuto dagli albori questa sgradevole situazione. Si è deciso di dare loro la parola, così da poter esplicitare eventuali similitudini con altri borghi o città, soprattutto per quanto concerne eventuali strategie che la civitas Messinese potrebbe emulare.

Francesco Di Stefano, proveniente da Mazara Del Vallo (Provincia di Trapani), studente di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali presso l’Università di Messina (Polo Papardo), raccogliendo un paio di risonanze del sociale, scrive: “Sebbene non abbia avuto problemi grossi, grazie al serbatoio d’acqua del palazzo in cui vivo, i miei colleghi sono dovuti tornare a casa poiché la situazione era invivibile. Neanche fossimo al terzo mondo. Nella sede della facoltà (Papardo) sono state sospese le attività, come imposto dall’Ateneo. Nei giorni a venire, la situazione è migliorata apparentemente, infatti fino a poco tempo fa l’acqua che usciva dai rubinetti, se e quando usciva, si presentava lurida, con cattivo odore e color giallo marrone“.

Chiara Ruma, proveniente da Lentini (Provincia di Siracusa), studentessa di Medicina Veterinaria presso l’Università di Messina (Polo Annunziata), commenta: “Secondo me non sono riusciti a gestire la situazione, soprattutto il primo periodo che è stato difficile, soprattutto per noi studenti che non siamo abituati a queste “catastrofi”. Dovevano sospendere tutto subito, appena hanno accertato che la situazione era disastrosa. Da noi l’università si giustificava dicendo che l’acqua non mancava in facoltà, dunque le lezioni non sarebbero state sospese. Sinceramente a me poco importava, perché se non mi potevo lavare, il disagio era il mio. In extremis  sono ricorsa all’acqua potabile… Non mi è piaciuto per niente. Come sempre si sono rivelati poco organizzati!”.

Alessandra Cadorna, proveniente da Lamezia Terme (Provincia di Catanzaro), studentessa di Scienze e Tecniche Psicologiche presso l’Università di Messina (Polo Centrale), scrive: “Indubbiamente, la storia dell’ emergenza idrica, sembrerebbe un paradosso agli occhi, soprattutto, degli studenti: una città così emancipata come Messina, non è riuscita a risolvere un problema importante, con un certo “peso” sulla popolazione, in poco tempo. Se il tempo di intervento fosse durato di meno, la mia opinione sarebbe stata diversa. Abbiamo bisogno di una città culturale, ma soprattutto REATTIVA.

Dalle poche, ma incisive considerazioni riportate, emerge il malcontento relativo, non all’emergenza in sé, quanto più allo sterile fronteggiamento attuato. È opportuno sottolineare come tali commenti, dovranno essere letti non seguendo un versante critico, ma di sollecitudine. Il fine ultimo è pertanto quello di rendere nota Messina, non come città sine aqua, ma, onorarla come magnanimo centro commerciale del Mediterraneo, tanto da essere stata, per lunghi secoli passati, la città siciliana più ricca, seconda nel Mezzogiorno d’Italia solo a Napoli. [ads2]