Michele Gentile, il rito, la lotta e le notizie dal fronte
Il primo incontro con Michele Gentile l’ho avuto per il tramite di un giornale, circa tre anni fa
Come a volte succede, una quotidianità sempre presa da mille cose molto spesso meno entusiasmanti degli incontri rimandati, trova finalmente il tempo di un messaggio su facebook.
“Vieni, ti aspetto.”
La mia borghese incomprensione verso le scelte estreme, mi attarda a chiedere di orari, di disponibilità.
“Passa quando vuoi. Ci sono sempre.”
Finita l’udienza a Eboli, mi metto in autostrada, direzione Polla.
Poche centinaia di metri ed eccomi davanti alla libreria Ex Libris Cafè di Michele Gentile.
Oltrepasso la soglia. L’aria pungente di metà dicembre si riempie di storie che raccontano vite.
È un luogo d’elezione questo, di quelli che volutamente rifuggono dalle fascette ammiccanti dell’ultima edizione dello scrittore in auge.
Qui, in questa libreria, Michele Gentile è il sacro officiante di un rito, la vestale che dedica la vita al fuoco sacro della Cultura.
Come ogni liturgia che si rispetti, ci sono dei passaggi, delle tappe che avvicinano al trascendente.
<Grazie.> – mi dice appena mi vede entrare e da una parete che a fatica conquista la sua indipendenza da orde indomite di libri, sgattaiola fuori, come un alambicco dalla grotta di Merlino, l’armamentario da bar.
<Sai com’è, – confessa mentre mi prepara un ottimo caffè – i miei avevano un bar…>
Il tempo si è fermato. Il tavolo di legno, scaffali pieni di volumi che difficilmente troveresti nello store sotto casa, giornali e riviste per dare notizia del mondo e dal mondo.
A guardare bene, nel cono d’ombra di un angolo buttato lì, potresti addirittura seguire il rivolo di fumo della pipa di Ungaretti o perderti nei grovigli medievali della barba di Umberto Eco.
Sarebbe la stessa cosa.
<Eppure, – e l’occhio diafano come una barca inghiottita dalle nebbie del mattino – tutto questo non basta.>
Solo adesso vedo quello che l’avvolgente atmosfera della Ex libris Cafè m’aveva in un primo momento impedito di vedere: Michele Gentile indossa, quasi a disagio sulla giacca dell’accoglienza più piena, un giubbetto militare.
Il 60% degli italiani non acquista libri.
Il 10% degli abitanti del Bel Paese non ha nemmeno un libro in casa.
La guerra è di quelle senza quartiere, disperate.
Le truppe messe in campo dal libraio invitto sono le più agguerrite:
“Un libro sospeso“, per consentire soprattutto ai lettori forti, sulla falsariga di quello che accade a Napoli per il caffè, di comprare due libri, uno per sé e uno da offrire a chi non ha la possibilità di acquistarlo o a chi non è stato educato al fascino della lettura.
Michele mi mostra gli attestati di ringraziamento delle carceri minorili, delle biblioteche scolastiche e degli ospedali destinatari dei volumi donati.
Poi ci sono i “Viaggi d’autore” in cui, grazie all’indispensabile collaborazione con le Autolinee Curcio, gli scrittori (nelle edizioni scorse si sono alternati grandi nomi come Pino Aprile, Diego De Silva, Antonello Caporale, Pino Imperatore, etc.) incontrano i lettori proprio sui bus della Curcio.
Infine, ecco l’arma segreta di Michele Gentile: “Non rifiutiamoci“, un’iniziativa per mezzo della quale in cambio di una certa quantità di ferro, rame, alluminio e ottone da portare in libreria, si ha il corrispettivo in libri, anche scolastici.
Lo guardo come un libraio ormai famoso per le sue iniziative. Lui lo conosce quello sguardo e implicitamente mi prega di liberarmene. Ne farebbe volentieri a meno.
Con un sorriso stanco di tante pacche sulle spalle e incoraggiamenti di facciata, Michele Gentile scuote la testa leonina:<Eppure, tutto questo non basta per diffondere la lettura.>
Fuori dal microcosmo della Ex Libris Cafè continuano a piovere giacche “dell’appuntamento allo studio”, smartphone imbellettati per il prossimo natale.
Io torno in macchina con La danza immobile di Manuel Scorza che trovato qui, costipato tra altri cento volumi, ha il fascino dell’eterno.
Ciao, Michele. Resisti.
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