4 Novembre 2015 - 21:02

Muccino va contro Pasolini e in Italia si apre un caso

muccino

Il regista dell’Ultimo Bacio critica su Facebook l’artista ed intellettuale di cui lunedì scorso ricorreva il quarantesimo anniversario della morte. Risultato? Muccino si becca una marea di offese e chiude il suo profilo personale, mentre tutt’intorno piovono critiche sulle sue dichiarazioni. Ma siamo proprio sicuri che le opinioni del regista siano da condannare aprioristicamente? Scopriamolo!

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Polemiche a non finire su Facebook e sui vari social network, oltre che in TV e sulla carta stampata, in seguito alle dichiarazioni di Gabriele Muccino nei confronti di Pier Paolo Pasolini, il regista, intellettuale, giornalista ed attore icona dell’Italia degli anni ’60 e ’70 di cui lunedì ricorreva il quarantesimo anno della dipartita.

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Muccino va contro Pasolini e in Italia si apre un caso

Il regista dell’Ultimo Bacio, in effetti, in un suo post pubblicato lunedì direttamente da Malibù, in California, non era andato molto sul leggero su Pasolini, sostenendo che pur amando la produzione scrittoria e da pensatore dell’autore, il regista di Uccellacci ed Uccellini aveva poco o nessuno stile nel campo dell’attività cinematografica e usava la cinepresa “in modo amatoriale”.

Muccino aveva poi aggiunto poi che in un periodo in cui il cinema italiano faceva scuola in tutto il mondo, lo stile pasoliniano aveva aperto le porte a chi il cinema, di fatto, “non sapeva farlo”, e questo fenomeno aveva provocato l’emergere di numerosi registi-scrittori che hanno mandato in crisi la cinematografia italiana, facendo emergere l’anti-cinema, qualcosa di invisibile e non più “popolare”.

Di fronte alle dichiarazioni di Muccino, intellettuali, registi ed anche persone comuni si sono sollevate sdegnate, e molte persone hanno perso l’occasione di tacere ed imparare qualcosa da uno dei dibattiti più importanti scoppiati intorno alla qualità del nostro cinema da qui a trent’anni. Offese e accuse sono piovute su Muccino che, alla fine, è stato costretto a chiudere il suo profilo, motivando l’addio con queste parole: “Ma per favore popolo di Facebook. È ancora un nostro diritto dire cosa pensiamo? A quanto pare no. Meglio dare del mediocre, dell’arrogante, della nullità, insulti a destra a manca, una sassaiola da vandalismo intellettuale contro colui che ha osato dire che forse la terra non era al centro dell’Universo”.

Questo articolo non è affatto una difesa di un regista a sfavore o a sfavore dell’altro: crediamo in effetti che sia Muccino sia Pasolini abbiano offerto contributi rilevanti al cinema italiano e ciascuno a modo proprio abbia fornito un contributo importante a quella che è la storia della nostra cinematografia.

In fondo, come diceva Monicelli, “il cinema non produce arte, crea al massimo cultura”.

Tuttavia, proprio partendo da questa considerazione, non ci sembra che il cinema possa essere qualcosa di riconducibile alle aule accademiche, bensì una forma d’arte che ha i suoi periodi di splendore e quelli di declino: forse è vero che oggi le scuole di cinematografie non tirano fuori nomi come quelli di Rossellini, De Sica, Leone, Fellini e Visconti, ma semplicemente perché i tempi sono cambiati, e certe forme di cinema dovrebbero essere riviste, rivoluzionate, rianalizzate.

Una volta c’erano i manifesti, per esempio: c’erano i “cahiers du cinema” in Francia, c’era la Neue Deutsche Welle in Germania e in Italia il cinema neorealista: luoghi figurati in cui si parlava di cinema e si creavano spunti per una nuova cinematografia.

Oggi c’è il vandalismo intellettuale, e su questo Muccino ha ragione: se si prende tutto come oro colato, difficilmente il cinema può essere migliorato, e crediamo che nella sua grande intelligenza ed acume lo stesso Pasolini sarebbe stato felice di vedere una critica al suo cinema che ha portato, però, fuori tanti spunti interessanti che indubbiamente finiranno per accrescere il cinema italiano di domani: da quando una discussione sul cinema non coinvolgeva così tanto le persone? Da quando un regista importante come Ninetto Davoli non offriva una risposta così interessante come quella fornito oggi a Muccino ove egli sostiene che “Pier Paolo usava volutamente la macchina da presa in quel modo per essere il più veritiero e realistico possibile. C’era immensa consapevolezza in quello che faceva da regista sul set”?

I criticoni da tastiera pronti a far polemica quando il cinema più intellettuale che hanno seguito è quello di comici pur bravi come Checco Zalone, oppure i cinepanettoni, avrebbero dovuto collegare il cervello alla bocca prima di parlare. Perché crediamo sinceramente che se domandassimo ad otto critici di Muccino su dieci chi sia Pasolini nessuno di loro saprebbe rispondere.

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