Nostalgia, sentimento all’imperfetto e andante
La nostalgia. Sentimento legato ad una persona, ad un’epoca passata, ad un luogo, ad una fase della vita. C’era una volta… quello che oggi continuiamo a cercare
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«Ho trascorso tutte le estati della mia vita a fare propositi per settembre, ora non più. Adesso trascorro l’estate a ricordare i propositi che facevo e che sono svaniti, un po’ per pigrizia, un po’ per dimenticanza. Che cosa avete contro la nostalgia, eh? E l’unico svago che ci resta per chi è diffidente verso il futuro» (Carlo Verdone).
Ennio Morricone sceglie l’andante sostenuto come tempo musicale per descrivere la nostalgia in C’era una volta il West, in cui gli archi e la voce del soprano sono l’eco che si fa “corpo”. L’Andante, infatti, indica un movimento in progressione, un’esecuzione alla ricerca di una definizione più marcata e concreta. Trascina nel sentimento della nostalgia, perché stimola quei sensi che si attivano tutte le volte che un ricordo ritorna a vivere.
L’uso del tempo andante, per esprimere il sentimento della nostalgia, è diffuso nella musica classica, ci sono esempi come: Rapsodie Ungheresi di Franz Liszt, la Sinfonia n. 4 in A maggiore di Felix Mendelssohn, il Concerto in sib. maggiore di Antonio Vivaldi (noto per il film Io non ho paura), il Piano Concerto n. 21 di Wolfgang Amadeus Mozart, la Sonata n. 2 di John Sebastian Bach, il Trio Op. 100 di Franz Shubert, “Libera me” dal Requiem o “Rimembranze del Trovatore” Op. 20 di Giuseppe Verdi. Si tratta di un’andante anche il tema musicale di Nuovo cinema paradiso, quando sui fotogrammi tagliati dalla censura e poi montati dall’anziano operatore, racconta l’infanzia e la storia del cinema. Il rimpianto di un mondo che è esistito solo in potenza, ma non si è espresso.
La nostalgia. Il racconto che non si è mai definito nel tempo passato, con cui si continua a comunicare, creando un legame affettivo che crea ancora emozioni. L’imperfetto è una forma verbale che esprime un senso di incompiutezza dell’azione, lasciando in sospeso quel vissuto che non trova una sua collocazione precisa, evocando il senso del narrare. Sono diversi gli esempi nel cinema, archivio e memoria, che mantengono una relazione linguistica tra l’azione compiuta e la sua determinazione temporale: l’uso del “c’era“, ad esempio, implica il bisogno di esaltare un momento vissuto, e nell’uso dei verbi all’imperfetto, si difendono quelle emozioni che ancora ritornano.
C’era una volta il West, Sergio Leone 1958, è la nostalgia di un’epoca. Il West, il tempo del Mito, l’archetipo dell’America. Il West, da cui nasce il western, genere cinematografico che ha creato un linguaggio; l’immagine ha imparato ad essere sontuosa, lenta, come il tempo che s’impiega per contemplare il vuoto, in conflitto, come il sincronico alternarsi di deserto e montagne. C’era una volta l’America, Sergio Leone 1984, è la nostalgia di un mondo. L’America intesa come periodo della vita, come quella possibilità di farsi un futuro, ed essere oggi, tristemente consapevoli di non aver saputo creare. Bisogno di ricrearsi, dunque, di essere al punto di partenza. L’America come topos del grande cinema.
C’eravamo tanto amati, Ettore Scola 1974, è la nostalgia della storia. Amati attraversando la storia del Paese, dell’Italia, quando quel sentimento si confondeva con l’unione delle speranze e delle illusioni. Un ricordo sentimentale, tra soggettivo e oggettivo, di trent’anni di storia italiana. Quando c’era Berlinguer, Walter Veltroni 2014, è la nostalgia di un’ideologia. Berlinguer politico simbolo che trionfava nella sua posizione di leader nel Partito Comunista italiano, innovatore e ribelle che ha segnato la sinistra politica degli italiani. Documentazione e affetto ideologico, raccontano quegli anni con vicinanza emotiva.
C’era un cinese in coma, Carlo Verdone 2000, è la nostalgia dei valori. La semplicità, il talento e le piccole cose rappresentano i valori a cui si pensa con ironia e malinconia. Un giovane che abusa del suo talento perdendo la sua “verginità” di fronte allo spettacolo, e indirettamente, di fronte alla vita divorata da un precipitare dentro una voragine di esigenze quantistiche. L’uomo che amava le donne, François Truffaut 1977, è la nostalgia dell’esperienza. Esperienza vissuta nel compiere qualcosa, in una fase felice della vita, di cui ne rimane solo la testimonianza del ricordo delle emozioni trascorse. L’amore per le donne come quello per i film realizzati; donne con cui provare piacere per riempire quel vuoto lasciato dall’assenza dell’amore materno, come ci racconta il cinema di/su Truffaut.
Pensavo fosse amore … invece era un calesse, Massimo Trosi 1991, è la nostalgia dell’amore. L’amore spirituale, quello che contiene la scoperta reciproca, le emozioni pure e improvvise, l’idealizzazione dell’altro. Il tempo che logora, consuma, che non rinnova; quel tempo che si nutre di ricordi, di memorie condivise e poi brutali ritorni alla realtà. Il calesse, veicolo a due ruote per il trasporto di persone, indica un momento storico lontano, forse anche mai vissuto concretamente, ma sempre solo immaginato. Calesse come ironica risposta alla nostalgia di un’idea dell’amore mai provata, mai attuata.
Esiste una “scienza” linguistica, musicale e visuale che crea il sentimento della nostalgia. L’uso dell’imperfetto nella grammatica, per mantenere in sospeso la sensazione del tempo vissuto; l’andante in musica, come movimento che alimenta la tensione emotiva che non si compie; lo sguardo rivolto verso l’indeterminato che si pone tra il passato, l’oggi e il futuro.
La nostalgia, quel sentimento racchiuso in un oggetto, dentro un’esperienza, in un sentimento, nei luoghi e che vive nel tempo. Si rivive toccando quell’oggetto, rimembrando l’esperienza, lasciandosi commuovere dal sentimento che riaffiora, ritornando nei luoghi. Si prolunga, così, il senso della vita.
«Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?»
(Isabel Allende)
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