4 Giugno 2016 - 12:40

Omicidio Sara, Paduano l’aveva già aggredita

Sara Di Pietrantonio

Omicidio Sara, nuovi dettagli sul delitto. Paduano l’aveva già aggredita in precedenza. La ragazza aveva confidato ad un’amica “ho paura di lui”

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Sono tredici le pagine di interrogatorio che raccontano la bruttezza e l’atrocità spietata dell’omicidio di Sara Di Pietrantonio. Altri particolari emergono dai racconti confusi e comunque pieni di “non lo so” e “non ricordo” di Vincenzo Paduano, ora in carcere. Non era la prima volta che Paduano aggrediva Sara. L’ultimo episodio risaliva al 21 e 22 maggio, di fronte al nuovo ragazzo di lei, lo stesso del quale l’assassino voleva vendicarsi. Un amico gli aveva consigliato di bruciargli la macchina, come gesto intimidatorio.

Ma Sara era spaventata da qualcosa di più di un gesto intimidatorio e aveva confidato a un’amica di aver paura che lui potesse entrare nel suo profilo facebook e leggere le sue conversazioni private. A questo punto, la confessione cambia e diventa di nuovo piena di “non lo so”. Da’ poi la colpa all’uso di cannabis. A pochi giorni dall’assassinio di Sara, barbaramente strangolata e bruciata, l’ordinanza del gip conferma l’arresto di Vincenzo Paduano, guardia giurata di 27 anni, accusato dalla procura di omicidio volontario premeditato e stalking, anche se cade l’accusa di premeditazione. Secondo il gip il solo possesso dell’alcool non si ritiene possa dimostrare la premeditazione.

“Io non ho aggredito Sara” – ha dichiarato più volte Paduano durante l’interrogatorio – “lei è scappata dall’auto perché avevo già aperto la bottiglietta di alcool e l’avevo buttata in macchina. Io le sono corso dietro. Non ho usato l’accendino. Ho perso la testa e basta”. Le dichiarazioni confuse e a tratti deliranti del 27enne continuano, “sono scappato, mi vergognavo. Ho acceso una sigaretta, eravamo vicini, stavamo continuando a discutere, c’è stata una fiammata. Me ne sono andato. Mi vergognavo”.

“Paduano si è allontanato dal luogo in cui sono avvenuti i fatti” – dichiara il gip – “il vigilante avrebbe dapprima lasciato in ufficio il suo telefono cellulare al fine evidente di non essere tracciabile e poi, lucidamente, ha creato un’apparenza di normalità rientrando in ufficio.” Per il giudice l’aggressore non avrebbe avuto neppure un attimo di ripensamento, sia quando ha lasciato il corpo in fiamme della ragazza, sia in seguito.

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