9 Febbraio 2018 - 11:23

Ovociti umani, da Edimburgo la prima riproduzione in vitro

ovociti

Dall’università di Edimburgo arriva la notizia della prima riproduzione in vitro di ovociti umani. La scoperta potrebbe aprire la strada a nuove terapie contro l’infertilità

È recente l’annuncio della prima riproduzione in vitro di ovociti umani. La notizia arriva dall’Università di Edimburgo, dove un team di scienziati ha pubblicato la ricerca sul Molecular Human Reproduction. A dirigere il team c’è Evelyn Telfer, che da anni si prodiga per risolvere uno dei problemi più dolorosi per le donne: l’infertilità.

Gli ovociti sono le cellule sessuali della donna. Se fecondate, generano una nuova vita. Si vengono a formare già nel periodo fetale della donna e a partire dalla pubertà fino alla manopausa, uno alla volta maturano e diventano disponibili per la fecondazione. Purtroppo però, diverse malattie possono minare il ciclo riproduttivo, come tumore all’ovaio e all’utero, chemioterapie ed altri ancora.

La ricerca

Grazie a questa scoperta, però, si apre uno scenario completamente nuovo, che potrà regalare una gravidanza alle donne che non possono più averne. Gli studiosi hanno trovato un terreno di coltura ricavato dello strato più esterno dell’utero su cui gli ovociti riescono a crescere sin dagli stadi iniziali. La scoperta è sensazionale e solo nel 2016 alcuni studiosi asiatici erano riusciti a fare lo stesso con ovociti animali, definendo però ancora lontana l’applicazione in campo umano. Arriva adesso la smentita dall’Università di Edimburgo.

Tutto questo è, però, solo il primo passo. Andranno studiati ovociti prodotti da un tessuto congelato, come potrebbe succedere per una donna che deve affrontare la chemioterapia e che vuole preservare la sua fertilità. Inoltre le cellule presentano alcune anomalie che vanno analizzate.

Il problema dell’etica

Sorge ora spontaneo un dilemma: se tutto questo è eticamente corretto. Le cellule prodotte possono anche essere utilizzate non a fini riproduttivi ma esclusivamente per la ricerca. Resterà quindi sempre la domanda se è possibile “giocare” con una vita umana, sebbene ad uno stato primordiale e sebbene i benefici saranno per molti.

 

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