3 Novembre 2015 - 11:35

Pasolini di Abel Ferrara, alfa privativo della società

Willem Dafoe

Pasolini di Abel Ferrara, cosa dice in più sul poeta? Esprime, forse, l’incapacità di rappresentarlo 

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Trasmesso su Sky Cult ieri sera, Pasolini di Abel Ferrara lascia alcuni punti irrisolti, ma ne rievoca altri.

Una figura, quella di Pier Paolo Pasolini, che riapre continue ferite della cultura italiana, soprattutto sulla sua vita privata. Il film di Abel Ferrara, presentato lo scorso anno (2015) alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, prova a ricostruire le ultime 24 ore prima della brutale morte del poeta.

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Pasolini di Abel Ferrara

Si evocano scene da Salò o dalle 120 giornate di Sodoma e da Petrolio, le ultime due opere che penetrano lo sguardo e la mente del regista, lo lasciano un personaggio “non-finito” che ancora cerca risposte nella memoria dei posteri.

Abel Ferrara si cimenta in un esperimento complesso, che vuole rappresentare un uomo in conflitto con la rappresentazione, ma sempre radicale e profano, ha trasformato il suo mondo, e la “sua” cultura, in un alfa privativo.

Sottrazioni, continue.

La società italiana e la cultura a cui aspirava Pasolini miravano allo sradicamento delle istituzioni, degli schemi, del classismo, delle differenze.

Il poeta, “perversamente” attratto dalla vita nella sua dimensione originaria, istintiva e arcaica, ha cercato sempre di annullare costruzioni sociali nell’indole umana.

Borghesia, cultura, società e politica sono apparati che Pasolini ha demolito nella sua mente e nella sua psicologia, per liberarsi e avvertire concretamente l’umanità, quella autentica e selvaggia.

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Pasolini di Abel Ferrara

Il film di Abel Ferrara, nel tentativo d’interpretarlo, riesce a risultare interessante nei dialoghi e negli sguardi “mistici” di un Pasolini che si è immerso nel degrado per amarlo: in particolare nell’intervista con il giornalista Furio Colombo, emergono il rapporto affettuoso e docile con la figura materna, il “vincolo” con il mondo della notte, risolvendo meglio il ritratto dello scrittore ormai rimasto solo.

Un Pasolini freddo, distaccato, in crisi con se stesso.

Il momento di umanità più forte, che si avverte nel film, è nel rapporto con la madre, così come in qualche gesto disperato del poeta; la consapevolezza di essere precipitato in una situazione senza legami, immerso in un alfa privativo che lo rende moderno, rivoluzionario, radicale, ma disperato e incompreso.

Andando oltre il lato “documentaristico”, Abel Ferrara cerca di cogliere anche la dimensione visionaria e lungimirante di Pier Paolo Pasolini, attraverso le storie parallele che dalla sua scrittura si fanno immagini filmiche svincolate dalla rappresentazione convenzionale, per risultare un misto di realismo e onirismo. La storia di Epifanio, interpretata da Ninetto Davoli, nella sua corsa verso il Paradiso nasce e si evolve in concomitanza con le ultime ore della vita del regista.

Nulla finisce. Non resta che attendere“.

Una visione moderna, ma che risucchia l’uomo in una continua attesa di un’umanità che deve ancora arrivare, mangiata e consumata dall’educazione e dai tabù, dai vincoli sociali, dalle logiche politiche.

Il sesso è politica: inteso, scoprendo ii velo dell’espressione, come “divorare” scuola e televisione in un orgiastico cannibalismo che deve ridurli agli istinti animali.

Nel film cogliamo il rapporto con la musica, dimensione artistica e testuale che racconta il senso dell’immagine e della rappresentazione nel cinema di Pasolini. Eliminare tutto ciò che è convenzionale, ridursi alla vita senza freni e senza censura, che si esprime attraverso le logiche della carne e del sangue.

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Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini

Fare esperienza dell’altro: è come il Teatro della Crudeltà di Antonin Artaud, quando il pensare doveva avere una corrispondenza “coreografica” con l’agire.

Un cinema che si rappresenta in un pensiero denso di amore verso l’uomo, iscritto nella musica tradizionale e nella trascendenza di Bach.

Un legame indissolubile e passionale con chi restava ai margini della società, con l’a-socialità.

Pasolini amava, furiosamente e poeticamente, ogni momento di vita svincolato dalle logiche precostituite, cercava espressioni dell’uomo nella sua naturale inclinazione.

Abel Ferrara mette in scena la difficoltà di rappresentare Pier Paolo Pasolini, ma ci ricorda cosa ci è stato sottratto dal 2 novembre 1975.

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