Pensioni svalutate per il calo del Pil: cosa sta succedendo?
Il calo del Pil determina la svalutazione delle pensioni, è la seconda volta nella storia che si verifica un accadimento del genere
Le pensioni svalutate per l’andamento del Pil, come ricorda anche Enrico Marro si tratta della seconda volta «da quando la riforma Dini del 1995 ha cambiato il metodo di calcolo delle pensioni». Si tratta di un calcolo fatto dall’Istat che tiene conto del «valore del tasso annuo di capitalizzazione ai fini della rivalutazione dei montanti contributivi relativamente all’anno 2021» e che è influenzato dalla dinamica negativa del Pil.
La situazione determina una riduzione del montante stesso che rivalutate annualmente in funzione dell’indice Pil. Il rischio è che i montanti accantonati subiscano una decurtazione legata all’andamento negativo dell’economia. «Significa – scrive Marro — che un lavoratore dipendente con una retribuzione di 25 mila euro che ha versato 8.250 euro di contributi (il 33%) si ritrova nel montante 8.248 euro, cioè due in meno. Il coefficiente sotto 1 è dovuto al fatto che, per legge, si calcola sulla variazione media del Pil nominale nei 5 anni precedenti l’anno da rivalutare. E nel 2020 il Pil è crollato dell’8,9%».
L’indice di rivalutazione dei montanti contributivi era risultato negativo anche a fine 2014. Al tempo il governo varò il decreto legge 65/2015 stabilendo che il coefficiente non potesse essere inferiore a uno. Ora che la situazione si è praticamente ripetuta i sindacati hanno chiesto al governo di fare lo stesso. Eventuali decisioni dunque confluiranno nel pacchetto di misure da approvare in vista della legge di bilancio.
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