Peter Pan, al crescere di ogni lancetta
Peter Pan è il 14° Classico Disney, l’ultimo sotto la gestione dei “Nine Old Man”. Tratto da “Peter & Wendy”, opera teatrale del 1904 e successivamente romanzo nel 2011. Un racconto avventuroso e di alienazione dal tempo e dalla crescita
Walt Disney ha segnato il mondo del cinema e in particolar modo il cinema d’animazione attraverso un modus operandi ben preciso. Sognare e realizzare i sogni, anche i più impossibili. Giunto al quattordicesimo lungometraggio animato, nel 1953, probabilmente la compagnia Disney raggiunge l’apoteosi, e la conclusione, di questa rivoluzione.
Il film Peter Pan prende ispirazione dall’opera teatrale Peter & Wendy datata 1904, trasposta poi in romanzo nel 1911. La storia del bambino che non vuole crescere ebbe immediatamente successo nell’immaginario collettivo. Ma con la trasposizione sul grande pubblico, grazie a Disney, Peter Pan raggiunge vette di popolarità fino a divenire uno dei personaggi di fantasia più amati di sempre.
Da Wonderland a Neverland
Il racconto di Peter Pan presenta diverse analogie con il lungometraggio precedentemente distribuito dalla Disney, ovvero Alice. Anche qui il personaggio protagonista femminile, Wendy, sogna gli avvenimenti della pellicola. Salvo poi svegliarsi per tornare alla realtà, ma con una prospettiva tutta nuova.
Ancora una volta Walt Disney rivoluziona il modo di vedere le cose, dall’animazione ai meccanismi del tempo, passando da una narrazione sempre più volta a vasto pubblico. Infatti, come già accaduto per Alice, anche il personaggio di Peter Pan viene significativamente mutato per abbracciare grandi e piccini.
I primi vedono in Peter e negli altri personaggi di Neverland un’evasione dalla responsabilità della vita che va avanti. I più piccoli invece, vedono nel concreto ciò che implicitamente sognano, il non crescere per continuare a giocare con i pirati, le sirene e gli indiani.
Salvo poi concludere il tutto come termina il sogno di Wendy, e con ciò, il ritorno alla realtà. Ma anche in questo viaggio non mancano allegorie e metafore volutamente ispirate al contesto reale. Ne è il più chiaro esempio l’antagonista Capitan Uncino, il cui più grande nemico non è Peter Pan bensì il coccodrillo che allo scandire delle lancette d’orologio instaura paura e terrore nel capitano.
Quel ticchettio del tempo che inevitabilmente segna il trascorrere della vita, con appresso le responsabilità, i tarli, la dispersione della concezione di divertimento.
La fine di un sogno e l’inizio del marketing
Ma le belle favole, vedremo a breve, non troveranno ulteriore lustro negli anni a venire. Se la Disney ha edulcorato storie più o meno popolari per circa vent’anni, il progredire dell’industria cinematografica mette la compagnia di fronte a scelte importanti per il proprio futuro.
Come già accaduto per Cenerentola, la Walt Disney Company cavalca l’onda del successo commerciale di Peter Pan e riedita il personaggio attraverso parchi a tema, sequel, e altri prodotti di largo consumo.
Accanto alla rivoluzione del cartone animato, dunque, Disney si rende autore inoltre di investimenti legati alla sua azienda che sfruttano l’entusiasmo e il potenziale dell’immaginario collettivo.
Lo fa, tra l’altro, nel momento storico migliore. Infatti la Disney intaccherà in molteplici difficoltà subito dopo l’uscita di Peter Pan, quando l’entusiasmo per le favole a lieto fine inizierà a calare, laddove anche il campo dell’animazione avrà bisogno di cambiare la propria prospettiva, ancora una volta, per restare nell’importanza del grande cinema.
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