Nessuno le prescrisse la pillola del giorno dopo: cita l’ASL (e perde)
In causa con l’ASL perchè non le fu prescritta la pillola del giorno dopo: dopo dieci anni di contenzioso perde
[ads1] Successe a Teramo nel 2006.
Stando a quanto raccontato dalla donna tutto iniziò durante un rapporto con il suo compagno, quando accadde l’irreparabile: la rottura del profilattico. Stando alla sua testimonianza, per tre giorni e due notti si rivolse a tutti gli sportelli medici dell’ASL (guardia medica e pronto soccorso) in cerca della prescrizione per la pillola del giorno dopo ma nessuno soddisfò la sua richiesta.
Questo particolare anticoncezionale è definito contraccettivo d’emergenza perchè, a differenza di famarci abortivi, piuttosto che uccidere la cellula fecondata impedendone l’annidamento sfavorisce l’ovulazione. Questa distinzione è importante per comprendere il motivo per cui un medico, per quanto obiettore di coscienza, non può ritrarsi dalla prescrizione del farmaco. (Ad oggi non c’è più obbligo di prescrizione: leggi qui).
Stando alla testimonianza della donna, con quella pillola del giorno dopo non avrebbe generato il figlio che ora ha dieci anni. La donna ha avuto modo di specificare che il suo compagno la lasciò perchè non voleva questo bambino e che la sua battaglia davanti ai giudici è mirata ad un cambio di mentalità.
Procediamo con ordine.
A circa quattro anni dal concepimento, nel 2010, la donna intenta causa all’ASL per evitare ad altre ragazze, magari molto giovani, il dramma dell’aborto imposto come unica alternativa ad una scelta tempestiva impedita dalle reticenze di personale medico non propenso all’ascolto. Il problema non è la gravidanza, quindi, ma cambiare la società.
Per questo motivo chiese un risarcimento di 500 mila euro.
Dopo svariati anni di dibattimento (possiamo ben dire che i processi in Italia durano una vita!) si è arrivati alla sentenza: alla donna non spetta alcun risarcimento…
…perchè non essendo stata prodotta la documentazione medica a comprovarlo nel dibattimento, il giudice si trova a dover asserire che “non è possibile stabilire un qualsivoglia attendibile grado di probabilità che la gravidanza in questione possa essere scaturita proprio da quel rapporto sessuale“. Ovviamente, la donna in causa non cambia opinione: ritiene che il concepimento sia dovuto a quel preservativo rotto.
In più, il Tribunale civile di Teramo sembra identificare più un vulnus nell’istruzione della difesa della donna che nell’eventuale infondatezza della pretesa, almeno stando al dispositivo della sentenza che recita: “[la donna, n.d.a.] non ha indicato in cosa consisterebbe il danno patrimoniale e non patrimoniale subito” perchè “ha fatto unicamente riferimento alle categorie astratte del danno morale, biologico, esistenziale, patrimoniale e alla vita di relazione, senza tuttavia allegare alcunché in ordine all’effettiva consistenza dei danni che ritiene di aver subito“.[ads2]
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