3 Gennaio 2016 - 23:26

Un anno senza Pino Daniele

PINO DANIELE - anniversario scomparsa -

È passato solo un anno dalla prematura e inaspettata scomparsa di Pino Daniele, cantautore che ha sposato la tradizione partenopea al futuro della musica

[ads1]Sto ascoltando Donna Cuncetta, perché scrivere di Pino Daniele significa voler condividere ricordamenti, lasciare che la malinconia abbia il suo posto attraverso la rinnovata consapevolezza che abbiamo perso un compositore che ha intessuto la vita di tanti con le sue melodie, facendo della sua terra e del bagaglio culturale e sociale che questa gli ha donato il sottofondo musicale della vita di tante persone. Per comprendere di cosa parliamo, basterà leggere su youtube i commenti alle sue canzoni.

Tributo a Pino Daniele

Tributo a Pino Daniele.

Qualcuno, nella sua limpida semplicità, ha creduto che Pino fosse innovatore giudicando qualche frasina, tipo “Putesse essere allero cu nu spinello ‘mmocca cu ‘ e mmane dint’a sacca” come se l’innovazione possa essere ridotta a così poco, magari azzerando tutto il carico emotivo di una canzone che pure dice “vulesse arrubbà’ senza me fà’ vedè’ tutt’e facce d’a ggente” e “putesse essere allero cu mia figlia mbraccio che me tocca ‘a faccia e nun me’ fa guardà(Putesse essere Allero), delineando così l’aspetto morale e spirituale dell’autore (qui un’intervista dal tono intimistico).

«Adoro e amo la musica sacra.
Amo i Madrigali, Monteverdi, Palestrina, Gesualdo da Venosa.

A volte per rilassarmi guardo le partiture di questi grandi artisti insieme a Gianluca Podio, e insieme suoniamo questi pezzi del ‘600 con le chitarre elettriche

Sì, la verità di Pino è questa: la ricerca continua del buono nell’altro, come testimoniato da tanti che hanno potuto conoscerlo e come dimostrato dalla metamorfosi del suo stile compositivo, sempre teso al nuovo, tra ricerca e contaminazione.

Pino Daniele ha saputo fare qualcosa che nessun altro ha potuto: non semplicemente ha vivificato la tradizione riuscendo a sposarla con elementi nuovi d’importazione – pensiamo al blues e il Jazz– ma addirittura l’ha portata a livelli nazionali, se non addirittura oltre (Repubblica, proprio un anno fa, pubblicò alcune pagine di stampa internazionale che omaggiavano l’autore scomparso).

Diciamolo:Pino Daniele e Massimo Daniele il napoletano non è un dialetto fortunato come lo è stato il romanesco, che ha avuto la fortuna di diventare familiare in tutta la penisola, almeno nella sua inflessione; con artisti quali Eduardo De Filippo, Pino Daniele e Massimo Troisi la lingua napoletana s’impone sullo scenario nazionale della fonetica artistica (musicale e cinematografica) e non è cosa da poco.

Ancor più alto è il successo di Pino in quest’ambito: Pino Daniele fa salire sul podio del comprensibile alla Nazione non propriamente la lingua neoborbonica, ma addirittura una devianza dialettale dei contesti sub-urbani più poveri.

In parole povere? Introduce la parlesia  nel nostro mondo un po’ borghese, quel linguaggio che nel ‘800 è proprio di prostitute e borseggiatori  e mendicanti e, da ultimo, rimane tra i più umili musicanti e nel campo teatrale (sull’argomento qui una pagina in formato wiki, qui un piccolo vocabolario ma anche, molto brevemente, L. De Crescenzo in Tale e Quale).

Non che al tempo di Pino ed oggi manchino cantautori che ne fanno buon uso, ma sento di dover ardire nel riconoscere solo a Pino la capacità di averlo proposto ad un pubblico che non fosse di nicchia, un pubblico vasto e… completo per eterogeneità (Qui il link al Fan Club ufficiale).

Non solo innovazione, ma pure realismo. E denuncia.

Giuseppe Daniele non è un semplice cantante, né scrive musica banale: lui è poeta, lui è autore di un realismo che riesce ad essere tanto più lirico quanto più si fa crudo, realista… truce? Siamo portati a credere che poesia sia distacco dalla realtà, irenismi celesti che poco hanno a che fare col cattivo odore del quotidiano.

Dimentichiamo, credendolo, che i più grandi autori, i maggiori poeti, sono proprio quanti fanno della realtà – la più bassa verità della realtà – un’opera di sentimento e … meraviglia.

Pino daniele rolling stone

Pino Daniele, fonte Rolling Stone

Se qualcuno storce il muso alla parola truce, allora non ha compreso un granché della forza con cui questo autore si esprime: nel periodo in cui una rampante Lega Nord impazza con le sue peculiari espressioni razziste, Pino Daniele con lucidità e fermezza canta “questa Lega è una vergogna noi crediamo alla cicogna“, proprio a voler dire da parte di tutto il meridione che non si può far di tutta l’erba un fascio.

«Il blues è la ribellione a questi continui soprusi da parte della gente che ora i “negri”, odia la gente di colore, e possiamo dire che c’è una relazione tra i “negri” e noi.
C’è ancora questo, diciamo, razzismo nei confronti dei meridionali.
C’è perché lo vivo, l’ho vissuto, e sono convinto che c’è.»
Pino Daniele in una intervista Rai che prego di guardare.

In un altro testo canterà la consapevolezza dei nostri problemi “Mafia che brutta bestia e c’hai ragione. Noi non vogliamo questa tradizione” ma da soli è difficile: “S.o.s. alla Nazione: Noi non vogliamo questa tradizione / S.o.s. alla nazione: Adesso dateci una posizione“. Con la medesima onestà intellettuale, Pino Daniele riconoscerà un’evoluzione nell’atteggiamento dei leghisti (leggi questo articolo del Corriere), tanto che anche a Courmayer cantando “O’ scarrafone” salterà la frase che polemizza verso il noto partito.

Ma anche l’ironia è lo strumento ideale dell’artista socialmente impegnato: “Ce sta chi ce penza”, “’Na tazzulella e cafè” e “Maronna mia” per citarne tre dal medesimo album in un colpo solo (Terra Mia: Pino dirà che “rappresenta la nascita di una nuova canzone napoletana, ed anche la denuncia sociale di una generazione che non accettava compromessi e che nella musica riusciva ad esprimere i propri malesseri”) che fan riferimento alla corruzione e al disinteresse da parte delle amministrazioni e, anche, all’atteggiamento fatalistico proprio del popolo napoletano.
Eppure, con lucidità e sobrietà, riconosceva un radicale cambiamento nella funzione della musica, anche a causa del mutamento dei tempi.

«Dagli anni ’80 a oggi tutto è cambiato, allora la musica lanciava messaggi politici e aveva una funzione diversa.
Oggi non è più così e per la comunicazione che c’è al momento io preferisco non esprimermi più.
Se riesco a dire qualcosa che può aiutare le persone, bene.
In passato ho dato anch’io dei segnali politici ma ora basta»
Pino Daniele in un’intervista alla nota rivista RollingStone.

Dato che lo abbiamo citato, è scontato, a questo punto, accennare almeno all’amicizia che ha legato Pino ad un altro grande che ha scritto la storia della cinematografia con tutta la sua napoletaneità: Massimo Troisi.

https://www.youtube.com/watch?v=FoMUd1LVNmw

“Che soddisfazione – esclama Massimo – scrivere le cose e le canta Pino Daniele.” L’amicizia tra i due artisti ha generato la colonna sonora dei film: Ricomincio da tre (1981), Le vie del Signore sono finite (1987), Pensavo fosse amore invece era un calesse (1991)Pino in un’intervista definirà questa amicizia quale perfetta sintonia e dirà che Troisi aveva massima fiducia nel suo intuito.

Mi sono dilungato già eccessivamente eppure sono consapevole di non aver detto nulla o comunque non abbastanza di Pino Daniele ma spero di averne omaggiata la grandezza.

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