Pinocchio, quel bambino e quel cartone che diventa vero
Pinocchio è il secondo Grande Classico Disney. Uscito nell’anno 1940, venne riscritta la sceneggiatura del romanzo di Carlo Collodi “Le Avventure di Pinocchio”, nonostante inizialmente questo lungometraggio rappresentò un flop, è tutt’oggi iconico nel mondo dell’animazione
Come già sottolineato nella recensione di Biancaneve e i Sette Nani, il magnate dei cartoni animati, Walt Disney, aveva già molti progetti in cantiere.
Le grandi imprese, si sa, non solo quelle uniche, ma quelle in grado di sapersi ripetere, innovare, rivoluzionare.
Dopo soli 3 anni dal grande successo del primo lungometraggio animato, Walt Disney tornava nelle sale di tutto il mondo con il suo secondo Grande Classico: Pinocchio.
Alt: Pinocchio è stato un Flop!
L’idea fu suggerita a Walt Disney: prendere il romanzo di Carlo Collodi “Le Avventure di Pinocchio” e adattarle per un nuovo lungometraggio.
Rispetto alla scrittura originale, però, quella disneyana risulta tutt’oggi molto più semplice e banale. Limitata a un forte senso moralista al cui centro vige la metamorfosi del ruolo dell’essere umano. In particolar modo nella figura del bambino, che compie un viaggio attraverso le avversità fino a trovare la, cosiddetta, giusta strada.
Perché fu, seppur inizialmente, un grande flop? Il primo motivo è legato a una linea temporale che dobbiamo analizzare.
Nel 1940 il mercato, specialmente artistico, era piuttosto limitato e danneggiato visti gli eventi della seconda guerra mondiale. Oltre a dover fare i conti con il successo mondiale ch’ebbe il precedente titolo, Pinocchio si ritrovò incastrato con altri progetti che Walt Disney intendeva fortemente portare a casa: il primo era Bambi, la cui produzione fu posticipata per difficoltà tecniche. Il secondo era Fantasia, lungometraggio originale e significativo per la storia di casa Disney che uscì pochi mesi dopo Pinocchio.
Un altro motivo plausibile è dovuto al fatto che forse lo stesso Disney non ha creduto troppo in Pinocchio. Prima di tutto l’idea di farne un lungometraggio non era la sua, e già abbiamo parlato della forza della testardaggine del californiano. Dopodiché il film sembra non decidere la sua vera identità: orientarsi nella cupezza che caratterizzava l’originale opera, o adattarsi sul fiabesco (come fatto con Biancaneve) per raggiungere il successo dell’ampio target.
Come e perché Pinocchio è il successo che tutti conosciamo
Con la riedizione del 1945, Pinocchio trionfò anche sia negli incassi che nel favore della critica. Riuscì persino a vincere 2 statuette: Miglior Colonna Sonora e Miglior Canzone.
“When You Wish Upon A Star” diventò immediatamente un singolo cult, apprezzato ancora oggi. Elemento già vincente in Biancaneve si ripeteva, se non addirittura ampliava i consensi, l’aspetto musicale che andava a braccetto con le storie a lieto fine narrate dai Walt Disney Studios.
Altro elemento caratterizzante e lodevole della produzione di Pinocchio è la lunga serie di processi all’interno della sceneggiatura e dell’animazione.
Anche stavolta, i personaggi rappresentati in carne e ossa non sono moltissimi. La Fata Azzurra ricorda fortemente il viso di Biancaneve, e molte animazioni profumano di già visto. Eppure i movimenti dei personaggi risultano più credibili attraverso gli spazi, senza mai confondersi con gli sfondi.
Esteticamente il film si mantiene più stabile rispetto al precedente. Risultato non di certo semplice da ottenere visti i lunghi lavori che hanno coinvolto ogni singolo personaggio principale.
Un bambino e un cartone vero
Pinocchio fu studiato sia dal punto di vista “legnoso” che umano, compiendo una trasformazione sul finale della pellicola. Studio e analisi attraverso i movimenti sia meccanici di un burattino che nell’esuberante scorribanda di un bambino.
Il Grillo Parlante fu studiato attentamente, risultato di più di una dozzina di personaggi sperimentati. Alla fine ne esce fuori un personaggio iconico. Per la prima volta in un classico Disney abbiamo la figura dell’aiutante di piccola statura e padrone anche della capacità di comunicare col pubblico abbattendo la quarta parete.
La Fata Azzurra rappresenta il tipo ideale della figura femminile di quei tempi, molti sono stati i paragoni non solo con il viso di Biancaneve ma anche con la figura di Marylin Monroe.
La Disney dà dunque alla luce uno dei suoi Classici più amati tutt’oggi, nonostante le enormi differenze col romanzo da cui prende ispirazione. Ma presto l’animazione si scioglierà dai fili, muovendosi sempre più armoniosamente come una piccola grande realtà.
Pinocchio è un cartone, e quel cartone è vero. L’animazione sta diventando vera, e siamo solo nel 1940. Disney procede il suo grande sogno con la metafora più bella che avrebbe mai potuto scegliere. Quel desiderio che si realizza, e nonostante le difficoltà, trova la sua strada.
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