Prodi sul Messaggero: “Ecco le motivazioni del no al referendum”
L’ex premier Romano Prodi racconta perché voterà no al referendum sul taglio dei parlamentari. “Non è questo il vero problema”
Romano Prodi con un editoriale sul Messaggero si schiera per il ‘No’ al referendum sul taglio dei parlamentari. Diversi i punti affrontati. Cerchiamo di seguirli tutti.
“Sto in questi giorni cercando di capire – spiega Prodi – perché ogni persona con cui mi trovo a parlare mostra un crescente disorientamento nei confronti del referendum.”
Elettore disorientato
“L‘elettore si disorienta di fronte alle raffinate motivazioni dei politici o degli studiosi che sostengono le più svariate tesi. Si tratta di un disorientamento del tutto giustificato. Il normale cittadino intuisce che il numero dei parlamentari non è il problema principale del crescente distacco fra il Paese e il Parlamento. Il dimagrimento del Parlamento può essere solo la conclusione di un necessario processo di riesame del funzionamento delle nostre istituzioni“.
Il vero problema
“Il vero problema – continua Prodi – non sta infatti nel numero, ma nel modo in cui i parlamentari vengono eletti. Anche senza elaborare profonde analisi teoriche, l’elettore sa che deputati e senatori non sono stati eletti, ma sostanzialmente nominati dai partiti. Seguono le direttive dei partiti e si comportano di conseguenza. Non avendo rapporto col territorio, non hanno ormai (salvo pochissime eccezioni) alcun legame organico con gli elettori. Non incontrano le diverse categorie o i diversi quartieri e paesi degli elettori e non hanno nemmeno un ufficio locale”.
Il parlamentare non rappresenta il territorio
“Solo una minima parte degli elettori conosce il nome del parlamentare che, almeno in teoria, rappresenta il suo territorio. Semplicemente perché non lo rappresenta. Per il cittadino normale diventa quindi del tutto indifferente se sia meglio avere un deputato ogni novantamila o ogni centoquarantamila abitanti. Per l’elettore non esiste davvero un danno che una regione sia rappresentata da un numero di senatori molto ridotto“.
“Insomma, più ci si avvicina al referendum più esso si riduce ad un residuo di impegni presi in passato, di vecchi slogan e di campagne folcloristiche accompagnate da immagini di grandi forbici e di poltrone sfregiate dalle forbici medesime. Resta quindi difficile convincerci del fatto che la diminuzione del numero dei parlamentari sia il primo passo per portare i problemi del territorio al Parlamento e dal Parlamento al Governo.”
“Dopo decenni di discussione andati a vuoto, nessuno più crede in una legge elettorale che si ponga questo obiettivo, anche perché il dibattito fra i partiti si orienta, quasi all’unanimità, verso l’adozione di un sistema proporzionale che mantenga sostanzialmente il diritto di nomina, mentre le dispute si concentrano sulla percentuale minima che un partito deve raggiungere per essere rappresentato in parlamento“.
Cambiare la realtà
“Non è certo facile cambiare questa realtà. Ciò non di meno, almeno fino a che l’Italia rimane una Repubblica parlamentare, la qualità e l’autorevolezza dei membri del Parlamento rappresentano il pilastro fondamentale per il buon funzionamento delle nostre istituzioni.”
“A questo si dovrebbero ovviamente aggiungere le altre ben note riforme. Ridefinendo, ad esempio, le funzioni delle due Camere, i lavori delle commissioni, i rapporti con le Regioni e il modo di operare delle commissioni e i rapporti fra Parlamento e Governo”.
“Se vogliamo raggiungere l’obiettivo di rendere il Parlamento autorevole e responsabile verso i cittadini, occorre quindi fare ogni sforzo per orientarsi verso un sistema elettorale in cui i partiti, sui quali grava la responsabilità di indicare i candidati alle elezioni, siano spinti a scegliere persone che, per la loro autorevolezza e per la stima di cui godono, abbiano maggiore probabilità di essere votate dagli elettori del collegio con il quale dovranno mantenere rapporti continuativi per tutto il corso della legislatura“.
Ecco perché il no
“Nel sistema elettorale in vigore dal 1994 i tre quarti dei parlamentari venivano eletti in questo modo, obbligando i partiti a scegliere persone capaci, per le proprie caratteristiche personali, di attrarre la fiducia degli elettori: una fiducia che doveva essere rinnovata nel tempo con la fatica quotidiana e con i contatti personali che sono il pilastro della democrazia”.
“Mi rendo conto di proporre cambiamenti che ben difficilmente potranno essere accettati e mi rendo altrettanto conto che i lettori, anche se la cosa è di scarsa importanza, hanno il diritto di chiedermi quale sarà il mio personale orientamento di voto nei confronti dell’imminente referendum”.
“Riconfermando la non primaria attenzione che vi attribuisco e pur riconoscendo che, dal punto di vista funzionale, il numero dei parlamentari sia eccessivo, penso che sarebbe più utile al Paese un voto negativo, proprio per evitare che si pensi che la diminuzione del numero dei parlamentari costituisca una riforma così importante per cui non ne debbano seguire le altre, ben più decisive per il futuro del nostro Paese.”
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