Proteste in Cile, ecco perché il popolo è sceso in piazza
Dalla corruzione fino al caroprezzi e ai salari bassi, il Cile è il nuovo fronte caldo del Sudamerica. Secondo la Banca Mondiale, è tra i cinque paesi più diseguali al mondo dopo quelli africani
In Cile sembra essere tornato il tempo della dittatura di Pinochet. Incendi, scontri, stato d’emergenza e coprifuoco. La situazione nelle ultime settimane è degenerata irreversibilmente.
Sebastian Piñera, l’attuale presidente cileno, solo due mesi fa aveva definito il Cile come “Oasi di pace” nel complicato contesto politico e sociale del Sudamerica. Eppure, il paese così definito dal suo presidente è sceso in piazza. Troppe le diseguaglianze sociali che hanno fanno aumentare il malcontento.
Da tempo si intensificano proteste per i costi esagerati dei farmaci e delle assicurazioni sanitarie, l’aumento delle bollette della luce e un sistema educativo dai costi eccessivi che costringe migliaia di famiglie a fare debiti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, è stato l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico a Santiago, che colpisce soprattutto gli studenti e ha scatenato le proteste di studenti e lavoratori pendolari.
Il Cile, insieme a Honduras, Colombia, Brasile, Guatemala, e Panama, è tra i cinque Paesi più diseguali al mondo, dopo quelli africani, secondo la Banca Mondiale. Gli ultimi dati del Ministero dello Sviluppo sociale cileno, riferiti al 2017, dicono che il 10% più ricco della società guadagna 39,1 volte più del 10% più povero.
Negli ultimi anni, con i due governi di impronta socialista di Michelle Bachelet ci sono stati dei miglioramenti, sotto anche la spinta delle proteste studentesche che però non hanno colpito nel segno di quelle che erano le necessità reali. Basta guardare che il salario minimo si aggira sui 300mila pesos cileni, cioè sui 400€ mensili, e il costo dei trasporti in metro a Santiago con quest’ultimo aumento di 30 pesos, ovvero 1,05€, del biglietto sale a circa 33.000, cioè 44 euro al mese.
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