Aspettando la seconda stagione di Stranger Things
Aspettando la fine del countdown: cosa è cambiato e cosa dobbiamo aspettarci da Stranger Things
Il 27 Ottobre è ormai imminente e l’attesa per il ritorno di Stranger Things, l’acclamata serie tv targata Netflix, è sempre più sentita, per quanto accompagnata dai vari set fotografici, gossip e video musicali che stanno invadendo il cast e la rete. Perché sì, se abbiamo lasciato Mike, Dustin, Lucas e Will come tipici adolescenti nerd del 1983, nel 2017 li ritroviamo sotto l’attenzione di fan acclamanti e riviste di moda fuori dai soliti prototipi. Cosa ne sarà, soprattutto, dei faccini disincantati e sconosciuti dei protagonisti ora che il mercato ne ha fatto delle vere e proprie icone mediatiche?
Ma tornando ad Hawkins. I Duffer Brothers decidono di far iniziare la prima stagione mostrandoci quanto l’irruzione all’interno di un universo parallelo a noi straniero possa portare alla rovina degli equilibri che conosciamo. Questi, tuttavia, decidono di farlo in una prospettiva ben diversa dal solito, ossia non affidandosi alle già citate fonti, ma basando il loro mondo secondo la prospettiva tutta nerd del gioco da tavolo “Dungeons & Dragons”.
La scelta di non voler creare una salda antologia derivata dal sapere puramente scientifico come, ad esempio, Star Trek e Star Wars o folkloristico-storico come Game of Thrones, Il signore dei anelli, Le cronache di Narnia e addirittura, in campo di videogiochi, il capolavoro Skyrim, non è biasimabile considerando la carriera ancora inesperta dei due autori, ma non è nemmeno biasimabile nei confronti dei tempi in cui viviamo la TV e il cinema. Anzi, forse è proprio in questo il segreto del grande e dibattuto successo.
In questo senso siamo più dalle parti della fantascienza di J.J. Abrams e del gusto dell’intrattenimento di Spielberg. Poca filosofia ma tanto gusto per il vintage. O meglio, se Dungeons & Dragons ha dietro di sé una storia vastissima e ampiamente narrata, in Stranger Things il celebre gioco perde la sua profondità e diviene un mondo di cartapesta, valido nella pura spiegazione dell’accaduto attraverso i suoi vocaboli (da qui l’identificazione del mostro come un “Demogorgone”) e, nella prima puntata, come fonte premonitrice di ciò che accadrà a Will e su cui si basano i primi otto capitoli.
Se la riflessione sul contesto appare a tratti superficiale e ancora aperta a svariati sviluppi, c’è da riconoscere l’attenzione verso lo scandagliamento psicologico dei vari personaggi, i quali, confermando l’essenza della serie TV di formazione, si trasformano e maturano nel corso degli episodi, a dimostrazione che sì, Stranger Things non è la serie TV che può ricalcare l’atmosfera minuziosamente nerd che percepiamo in The Big Bang Theory in chiave horror, ma ha sicuramente tutte le carte in regola per essere considerata una serie tv che abbraccia tutte le età e che per la prima volta vuole coinvolgere tutti sia nella sua visione che nella sentita e amorevole amicizia e coalizione tra bambini, ragazzi e adulti pronti a guardarsi le spalle a vicenda.
Cosa dobbiamo aspettarci dal 1984?
A detta dei Duffer Brothers, un anno dai risvolti essenzialmente più fantascientifici e horror. La malinconia, alla base della serie tv, sarà sempre presente, ma si lascerà più spazio all’originalità e all’azione. Protagonisti più maturi per una serie più matura.
Ci si chiede, allora, se Stranger Things resterà una serie adatta ad ogni gusto o si immetterà in strade meno generiche e sondi territori sconosciuti, magari prendendo le distanze dai modelli fino ad ora contemplati.
Per ora non ci resta che ricominciare il nostro viaggio verso Hawkins rivedendo i primi premiati capitoli, scaricando l’omonimo gioco rilasciato in queste settimane dalla software house BonusXP sotto forma di app sviscerandone le easter eggs (da ricordare l’aggiornamento in arrivo assieme ai nuovi capitoli) e ascoltando, ovviamente, l’ormai immancabile nella nostra playlist “Should I stay or Should I go”.
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