1 Dicembre 2017 - 12:22

“Smetto quando voglio – Ad Honorem” chiude la saga di Sibilia

Smetto quando voglio

“Smetto quando voglio-Ad Honorem”, uscito al cinema il 30 Novembre, è l’ultimo capitolo delle avventure dei ricercatori-ricercati creati da Sidney Sibilia

Quando entri al cinema a vedere “Smetto quando voglio – Ad Honorem”, hai la sensazione che un ciclo stia per chiudersi, non solo dal punto di vista narrativo, ma anche per i telespettatori.

Quando la saga di “Smetto quando voglio” è arrivata nelle sale (2013) molti dei suoi telespettatori ideali erano appena entrati in quel mondo, l’università, ai loro occhi così edenico che invece, dalla cinepresa ironica ma poco indulgente di Sidney Sibilia viene scarnificato e svelato in tutta la sua ipocrisia. Un bel capovolgimento per chi, giovane ed inesperto virgulto, pensava di aver messo la parola fine ai suoi affanni di liceale.

Se considerassimo il trittico di “Smetto quando voglio” una narrazione sul tempo ai tempi dell’università potremmo quindi senz’altro considerare il primo film come radicato pienamente nel futuro, in cui a farla da padrone sono le aspettative tradite di un gruppo di ricercatori, guidati da Pietro Zinni (Edoardo Leo), che per riscattarsi cominciano a produrre, per poi immetterla sul mercato, una smart drug non ancora dichiarata illegale.

Il successo dell’impresa, permetterà ad ognuno di riscattarsi dall’indigenza in cui versa: Alberto (Stefano Fresi), per esempio, fa il lavapiatti in un ristorante indiano, mentre l’antropologo Andrea (Pietro Sermonti) ha proprio bisogno di togliersi di dosso quell’aria da bravo ragazzo che non gli permette di trovare lavoro.

Quale miglior apprendistato di cattiveria se non entrare in una banda formata dalle migliori menti in circolazione, che sfrutta, e capovolge, il suo potenziale, per fini non proprio nobili?

“Smetto Quando Voglio – Ad Honorem”, il secondo film si concentra tutto su un presente assoluto

Tutto sembra andare per il meglio fino a che la nostra banda non entra in contatto con Il Murena il re delle piazze di Roma. I ricercatori-ricercati finiscono in gattabuia ed è qui che stringono un patto con la giovane ispettrice Paola Coletti (Greta Scarano): se Zinni ed i suoi aiuteranno la polizia a stanare le trenta sostanze più ricercate del mercato delle smart drugs saranno liberi.

Non c’è prospettiva futuribile nella seconda parte della saga di Sibilia, i suoi antieroi sono mossi da una costante idea di fuga che li fa gravitare in un presente assoluto da cui sembra difficile uscire. Ma l’assalto al treno, memore della presenza fantasmatica di Ford, sul finale, risveglia la fame dei nostri e getta le basi per un terzo, scoppiettante capitolo, in sala da ieri.

“Smetto quando voglio –  Ad Honorem” si concentra sul passato, la backstory dei personaggi

Ma chi è quell’uomo misterioso che minaccia un attentato alla Sapienza col gas nervino, durante la cerimonia di consegna di una laurea ad Honorem?

È rispondendo a questa domanda che Sibilia sfodera uno dei colpi che fanno di questo film la degna chiusura del ciclo. La sua cinepresa racconta, senza mai giustificarla, l’epopea al contrario di Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio), un brillante ricercatore che, dopo un evento traumatico, ha deciso di radere al suolo il sistema universitario italiano.

Seduti al tavolo di un bar, in uno dei pochi momenti tranquilli della pellicola che, per il resto, è pieno di scene madri che preparano l’esplosione finale, ci addentriamo dentro la backstory anche dell’altro criminale, il Murena, che alla fine chiude il cerchio in un atto di speranza amaro e luminoso allo stesso tempo.

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