L’uso dei social e le differenze sociali: Tiziana non è Diletta.
Quali pericoli si corrono all’interno della rete? Il caso Diletta – Tiziana ci fa riflettere sui rischi a cui ci esponiamo ogni giorno e sulle differenze sociali di cui siamo vittime.
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Le notizie si sono susseguite nel giro di poco tempo una dall’altra: il gesto estremo di Tiziana Cantone, la ragazza di Casalnuovo, alla fine di una serie di sconfitte personali, giudiziarie, sociali; e le dichiarazioni della super cliccata giornalista di Sky, Diletta Leotta che informava il mondo di un hackeraggio subito.
Sappiamo come sono andate le cose, purtroppo. Diletta ha raddoppiato i likes sulla sua pagina facebook oltre che l’audience nella sua semi-sconosciuta trasmissione, appunto da qualche giorno non più tale. Con tanto piacere degli sponsor e del suo portafoglio. Tiziana ha riempito le pagine, soprattutto del web, con commenti molto discordanti, nei quali risuonavano come macigni quelli che “se l’è cercata”.
Come si fa a commentare “se l’è cercata” di fronte ad un gesto così estremo (e che va rispettato) come quello di stringersi un fazzoletto al collo. E come si reagisce quando si diventa fenomeni virali grazie ad un video compromettente?
È vero che molti internauti non si rendono conto dei rischi che affrontano nel momento in cui postano o pubblicano qualcosa. Il primo pericolo, di cui forse si ha poca percezione, è che sul web esiste una quantità di persone di ogni genere: dall’operaio metalmeccanico al pedofilo seriale, dal magistrato al terrorista più crudele. Tutto il mondo è connesso, per cui sia chiaro una volta per tutte, che, potenzialmente, in qualche secondo, tutti possono entrare in contatto con il proprio post. Facendone l’uso più indiscriminato
Sia di una foto compromettente sia di una dolcissima foto di vostro figlio che entra alle scuole elementari. L’amico la commenterà postandovi mille cuoricini. Il pedofilo seriale la metterà nel suo archivio personale, magari percependo in quale scuola va, in quale via si trova, a che orario. Tutto ciò che, non ascoltata, sconsiglia la polizia postale.
Questi sono problemi di coscienza. Intesi come presa di coscienza, di attenzione che tutti dovrebbero avere e che in qualche modo speriamo vivamente, e con una certa celerità, rientri nei programmi scolastici per informare e formare i giovani che probabilmente sono l’anello più debole di questa catena virtuale.
Sarebbe molto più facile se gli stessi social, così attenti a farci flaggare il consenso all’utilizzo dei nostri dati, esplicitassero in maniera più incisiva e semplice i pericoli che potrebbero verificarsi a seguito di determinati comportamenti. Certo, il problema è vasto ed articolato e non di facile soluzione anche per gli evidenti interessi economici in gioco. Ma bisogna partire.
Ed è un problema di coscienza, anche inteso come propria coscienza, formata dall’esperienze, dall’educazione che abbiamo avuto, dai luoghi nei quali abbiamo vissuto. Dalle famiglie a cui siamo appartenute.
Se Tiziana fosse stata Diletta il fazzoletto stretto al collo sarebbe diventato una pochette da infilare nel taschino del prossimo ragazzo.
Provate a pensare se Tiziana avesse avuto dietro la famiglia Hilton e non un padre che non ha mai conosciuto, se fosse stata l’ereditiera multimilionaria di nome Paris e non la sconosciuta di Casalnuovo. Ebbene, probabilmente non avrebbe fatto nessun gesto estremo. Anzi, come le sue “antagoniste” che sembra abbiano fatto molto di peggio, dai video compromettenti avrebbe tirato fuori profitto e successo. Non un fazzoletto da stringere al collo. Ma Tiziana non è Diletta.
a cura di Giuseppe Apone.
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