6 Settembre 2016 - 13:00

The Danish Girl: ritratto della diversità di genere

The Danish Girl è un biopic su una delle prime transgender della storia a subire un intervento di riassegnazione sessuale. L’allora Einar Wegener, pittore paesaggista danese del Novecento, diventato poi Lili Elbe, mette alla prova Eddie Redmayne, dopo l’Oscar per la Teoria del Tutto, con un ruolo – se possibile – ancora più impegnativo

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Ieri sera su Canale 5 è andato in onda in prima tv The Danish Girl. Una storia difficile da raccontare e da far digerire al grande pubblico. Inaspettatamente nessuna censura da parte di Mediaset.

I coniugi Wegener posano davanti a un’opera di Gerda - Sur la route d’Anacapri (1924)

The Danish Girl è il film di Tom Hopper, che ritorna ancora con una grande tematica dopo I Miserabili e Il Discorso del Re. Il film racconta la storia del pittore danese Einar Wegener e quella di Lili: lui un uomo inconsciamente in gabbia, lei la figura femminile che rappresenta la sua espiazione. Ma Einar e Lili sono la stessa persona. 

In The Danish Girl l’attore Eddie Redmayne, in totale mimesi con Lili, viene affiancato dal temperamento di Alicia Vikander, che interpreta sua moglie, Gerda Wegener, pittrice e illustratrice danese degli anni ’20.

Lili diventa il soggetto di molti quadri di Gerda: la figura di musa perde qui la sua connotazione di genere. Il ruolo della musa, dell’amante, del compagno si invertono.

The Danish Girl: ritratto della diversità di genere

E così la narrazione si sviluppa proprio intorno al rapporto di una coppia anticonformista, per poi sublimarsi in un amore spirituale.

Quando Einar indossa per la prima volta i vestiti di Gerda e posa per lei è solo un eccitante gioco di un’eccentrica coppia di artisti, ben lontani dal concepire l’impensabile per i tempi. L’occasione designa Gerda come la genitrice di Lili: le dona uno stile, le mostra la strada per rivelarsi. Grazie alla moglie, Einar può quindi mostrarsi al mondo come una rigenerata creatura pronta a concedersi l’occasione mancata dalla natura.“Sei l’unica persona che ha dato senso alla mia vita, che mi ha resa possibile”, confessa Lili.

The Danish Girl: ritratto della diversità di genereÈ  Gerda l’elemento trainante della coppia, è la forza propulsiva che fa manifestare Lili per la prima volta stravolgendo la storia. Così nel triangolo Gerda, Einar e Lili vengono meno i tradizionali ruoli della coppia, a dimostrazione che c’è sempre una compensazione e una completezza al di là del genere del partner. 

Nel 1930, quando il gioco rivela una più profonda natura, Einar fugge per cullare il suo Io nella chirurgia sperimentale, assecondando la propria natura a discapito dei sentimenti di Gerda, che invece si fa da parte perché Lili possa esistere. Eppure Gerda impara ad amare Lili, trascurando e sacrificando la propria carriera. Nei panni di Lili lo stesso paesaggista danese smette di dipingere, perché è un qualcosa che rilega alla vita di Einar.

The Danish Girl: ritratto della diversità di genereIl cambio di sesso suscitò sensazionalismi che spinsero ad invalidare il matrimonio con Gerda nell’ottobre del 1930. Nello stesso anno Einar riuscì ad ottenere il riconoscimento legale per Lili Elbe. Così Lili, riconosciuta nella sua completezza di donna, attratta dagli uomini, determina la fine di un profondo legame, designando Gerda come il vero amore, quell’amore che si sacrifica per la felicità dell’altro.  Un amore fondamentale per acquisire sicurezza, per imparare ad amarsi: quello stesso supporto e comprensione che si richiede a familiari, ad amici e alla società.

La colpa di Gerda era il voler sperimentare nell’amore; quella di Einar era il voler provare ad essere completo, senza rimpianti verso se stesso; quella di Lili il voler assecondare l’anima che implodeva in un corpo maschile, rifiutandosi di vivere una vita non sua, in compagnia di Gerda, quanto di Einar. 

Lili Elbe morì nel 1931, probabilmente causate dal rigetto dopo l’impianto dell’utero.


Perché dovreste vederlo

The Danish Girl: ritratto della diversità di genere

È un film così attuale nella sua storicità. Nei giorni cruciali per le Unioni Civili e per la Stepchild Adoption, vedere il film potrebbe sensibilizzare anche lo spettatore più restio, ma di certo non quello ottuso: un film può far riflettere, offrire una guida, non fare miracoli, laici per giunta! In ogni caso il film rimanda ad una profonda riflessione su quanto sia limitante il non esprimersi in pieno, il non poter essere se stessi, l’essere ostacolati dalla pretesa altrui di decidere per noi. Una contingenza, espressa più volte dagli occhi malinconici di Eddie Redmayne, che invita a pensare a quanto poco ci siamo evoluti in più di un secolo, in quel futuro che Einar doveva immaginare tollerante, libero e avanguardistico per le Lili postmoderne.

Perché probabilmente vi deluderà

Il trailer è ingannevole: ciò che è concitato e travolgente nella presentazione, svanisce in The Danish Girl, che è un biopic edulcorato, un quadro bon ton su una coppia sconvolta dalle dinamiche che tentano di assestarla. Un percorso travagliato – reso troppo semplicisticamente dalla sceneggiatura, nonostante la bravura degli attori – di una figura storica che affrontò con connaturata accettazione un’essenza altra che andava resa materia. The Danish Girl è un film delicato – forse troppo – ma maniacalmente estetico: scenografia, costumi e fotografia a tratti sovrastano l’iter travagliato della transizione della protagonista. L’occhio della camera allontana il campo dalle scene omosessuali, mostra pudore di fronte alla nudità dei corpi. Hopper ha fatto una scelta discutibile, forse poco incisiva, non approfondendo l’indagine visiva sul tema: al tormento, che viene esteriorizzato in maniera quasi blanda, si contrappone l’intimistica visione dei corpi, in una silente oppressione carnale, tanto da sfiorare l’astrazione emozionale.

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