The Darkest Hour – Gary Oldman è il miglior Churchill di sempre
La pellicola The Darkest Hour di Joe Wright ha dato la possibilità a Gary Oldman, già straordinario interprete camaleontico, di indossare i panni del Prime Minister Winston Churchill
The Darkest Hour, Gary Oldman è uno straordinario Winston Churchill.
Winston Churchill è – di certo – uno dei personaggi più iconici del ventesimo secolo. Interpretato da già nel 1972 da Simon Ward in Young Winston, da Richard Burton due anni più tardi in The Gathering Storm, nel 2008 da Brendan Gleeson in Into the Storm, da Timothy Spall ne Il Discorso del Re, da Brian Cox nel 2017 con la pellicola Churchill e, anche in ambito seriale, da un magnifico John Lithgow in The Crown – ora – è toccato a Gary Oldman.
Winston, nonostante Gallipoli
Siamo stati abituati a conoscere Churchill per la sua forte e dissacrante personalità ma, soprattutto, per l’idea fondatasi nell’immaginario collettivo, di un uomo potente, esperto, invincibile.
Wright invece ci presenta, almeno inizialmente, Winston uomo, Winston che con il suo passato offusca ogni passo del suo presente. Figura bistrattata dal suo partito, fin’anche dal Re.
Ma una qualità indiscussa del conservatore di Woodstock è stata quella di (ri)mettersi in gioco, di sfidare ogni idea recondita e pregiudizievole, che ha applicato sia in politica che nella propria vita privata (come per la morte di sua figlia Marigold, ad esempio).
La risposta della politica nell’ora più buia
La pellicola di Wright è arrivata in un periodo particolare per la storia inglese, quello della Brexit: se ora si prepara ad uscire dall’Europa, l’UK ottant’anni fa lottava affinché questa potesse ancora esistere, affinché un’Europa potesse ancora vivere. E se Dunkirk può essere alla stregua di un degno sequel, il biopic di Chruchill analizza i momenti principali precedenti allo straordinario salvataggio in terra francese.
Eppure, in un primo momento, la risposta della politica è sembrata piuttosto subdola, con i soliti giochi di potere e di interessi. Ma i tempi sono diversi e lo è completamente anche la classe politica. Gli uomini. La considerazione stessa del concetto di patria, di nazione, di bandiera, di solidarietà.
The Darkest Hour è un vero e proprio manifesto politico, un urlare al mondo intero la grandezza del Regno Unito, la grandezza di quella politica, che oggi invece è così martoriata e dilaniata da personaggi poco concreti e saggi. Una politica, quella degli anni ’40, stretta ed unita a difesa del popolo; quegli uomini che lo stesso Churchill impara ad ascoltare, in una scena – quella girata all’interno di un vecchio vagone della metro – quantomai romanzata, quantomai profonda e da incorniciare.
Insomma, quella durante il Secondo Conflitto Mondiale era una classe politica che non imponeva obblighi (ovviamente con dovute eccezioni), non era immagine fredda e amorfa di un catalogo di regole semplicemente da rispettare. Era molto di più: era tendere la mano, sporcarsele, credere e sperare. Piangere, emozionarsi. Porsi, irrimediabilmente, sullo stesso livello di un suddito.
Fotografia
Dal punto di vista tecnico Bonelli (al montaggio), Delbonnel (alla fotografia) e Sarah Greenwood e Katie Spencer (scenografi) non sbagliano nulla anche perché, non ne hanno avuta la possibilità. Lo spazio è, infatti, limitato, dalla dimora di Churchill, alla stanza di Buckingham Palace, o l’aula del Parlamento, fino ad arrivare alla metro e, soprattutto, nel bunker di guerra dello scacchiere. Spazi angusti, dove gli animi dei protagonisti non posso scappare. Ci si trova, così, a fronteggiare la realtà, a guardare le topografie sul quale vengono segnate, ora dopo ora, tutte le sconfitte sui campi, il veloce e inesorabile percorrere della Gestapo.
Una nota a parte per il trucco. Le duecento ore complessive passate da Oldman per diventare il Primo Ministro ci fanno comprendere, con ogni sfaccettatura, l’arduo lavoro dell’attore inglese. Il volto, letteralmente trasfigurato, ha comunque conservato un’espressività straordinaria: infatti i primi piano sono stati innumerevoli. Da qui, un’altra nota (nemmeno così a margine): il discorso finale. Brividi che percorrono la schiena, un monologo straordinario che riporta alla luce, come una vera esplosione, sentimenti (anche quelli di Churchill stesso) per troppo tempo sommersi.
Il discorso
“Io stesso ho piena fiducia che se tutti fanno il loro dovere, se nulla è trascurato, se si fanno buoni accordi, come ora sta avvenendo, potremo dimostrare ancora una volta a noi stessi di essere in grado di difendere la nostra Isola, di superare la tempesta della guerra, e di sopravvivere alla minaccia della tirannia, se necessario per anni, se necessario da soli.
In ogni caso, è quello che ci accingiamo a provare di fare. Questa è la volontà di ogni uomo del governo di Sua Maestà. Questa è la volontà del Parlamento e della Nazione. L’Impero britannico e la Repubblica francese, uniti tra loro nella loro causa e nelle loro necessità, difenderanno fino alla morte il loro suolo natio, aiutandosi reciprocamente, come buoni compagni fino allo stremo delle loro forze. Anche se ampi tratti di Europa e molti vecchi e famosi Stati sono caduti o potranno cadere nella morsa della Gestapo e di tutti gli odiosi apparati del dominio nazista, non cederemo e non ci arrenderemo.
Andremo fino in fondo, combatteremo in Francia,
combatteremo sui mari e sugli oceani,
combatteremo con crescente fiducia e crescente forza nell’aria, noi difenderemo la nostra Isola, qualsiasi costo possa avere,
combatteremo sulle spiagge,
combatteremo nei luoghi di sbarco,
combatteremo nei campi e nelle strade,
combatteremo sulle colline;
Non potremo mai arrenderci, e anche se, cosa che per il momento non credo possibile, questa Isola o gran parte di essa sarà soggiogata e alla fame, allora il nostro impero d’oltremare, armato e difeso dalla flotta britannica, continuerà la lotta, fino a quando, quando Dio vorrà, il Nuovo Mondo, con tutta la sua forza e potenza, faccia un passo in avanti per il salvataggio e la liberazione del Vecchio.”
Da Londra a Los Angeles: la strada verso l’Oscar
Molto probabilmente Wright non si porterà a casa la statuetta più ambita (quella di miglior film). Ma Oldman? È senza dubbio il favorito e non ci si deve nemmeno chiedere il perché.
Gary Oldman: Voto 9 Espressività pura. Straordinaria interpretazione che non ha assolutamente precedenti. La dizione è identica a quella del Prime Minister. Ci lascia incollati allo schermo e, nel momento in cui non è presente, ci chiediamo dove sia. Il carisma è tangente: ci si ritrova con le lacrime agli occhi in più di una circostanza. È voragine di emozioni, ci trasporta in prima persona durante quei difficili momenti. Ci arruola. Ci fa sentire inglese, orgogliosi di essere inglesi. Oscar, senza se e senza ma.
Lily James: Voto 5 Una presenza sbiadita e senza mordente. Ovvio sentirsi sminuiti al fianco del Gary Oldman migliore. Pecca in più occasioni: una figura troppe volte stereotipata. Un personaggio secondario che non ha uno scopo preciso ma Wright si trova costretto ad affidarglielo per dare alla sua presenza una parvenza di utilità: in questo caso, cercare di dare uno slancio emotivo a Churhcill.
Kristin Scott Thomas: Voto 7 Forse la vera sorpresa. Affascinante, ironica, buca lo schermo ma, soprattutto (a differenza della James) tiene testa ad Oldman (come Clementine avrebbe fatto con suo marito). Donna inizialmente imperscrutabile, si schiude col tempo, man mano che la situazione si fa sempre più complessa e drammatica. Sente che il suo spazio come moglie si stia restringendo sempre di più e, con regale e straordinaria dignità, lo accetta e silenziosamente sa farsi da parte.
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