The Expanse 4: i nuovi mondi e la rinascita della space opera
Con l’acquisizione del franchise da parte di Amazon, The Expanse 4 si conferma un’ottima sorpresa. Siamo davanti allo Star Trek del nuovo millennio?
Di prodotti interessanti, negli ultimi anni, soprattutto dal punto di vista seriale, ce ne sono stati davvero tanti. Prime Video si è confermato un serio antagonista di Netflix, a cui ha “scippato” (se così si può dire) anche serie abbastanza importanti e potenzialmente interessanti. Una di queste è sicuramente The Expanse, salvata dai meandri dell’estinzione proprio dal colosso capitanato da Jeff Bezos. Eppure all’epoca tutti quanti si stupirono di come SyFy avesse potuto cancellare un prodotto così valido.
Purtroppo il contratto stipulato dalla rete americana, all’epoca, non era tanto conveniente. Per cui si decise tranquillamente di lasciar perdere una serie che, all’epoca, non aveva tutte queste grandi potenzialità. E così, Prime Video si ci fionda subito, trasmettendo subito la terza stagione (già realizzata) e ponendo le basi per una quarta. Una mossa che, all’epoca, poteva sembrare azzardata, ma che a distanza di tempo ha pagato, e bene. Se possiamo dire che la fantascienza (quella vera, niente distopie né derivazioni dal fantasy) è rinata, sotto forma di space opera, lo si deve sia ad Amazon, sia a The Expanse.
La serie è riuscita, nel corso degli anni, a creare un vero e proprio universo a sé stante, una sorta di icona per la space opera che non si vedeva dai tempi di grandi prodotti come Star Trek e Star Wars. La serie imprime un ritmo più ragionato, dando allo stesso tempo spazio ad un tipo di fantascienza “sociale”, in cui le diversità vengono azzerate e in cui si ragiona su un fronte comune. Un’opera che deve le sue caratteristiche sì ai libri da cui è tratta, ma anche da “vecchi” come Frank Herbert e “Doc” Smith.
La corsa ai nuovi mondi
Avevamo lasciato la terza stagione di The Expanse con la scoperta di nuove galassie da colonizzare e nuovi mondi su cui costruire. Terrestri, marziani e cinturiani avevano trovato la propria pace, un modo per collaborare tutti insieme e per non continuare la propria guerra. L’equipaggio della Rocinante approfitta di questa calma per “sbarcare” su New Terra, altresì chiamata Ilus, con il compito di esplorare uno degli Anelli che rendono possibili i viaggi interstellari.
Qui Holden (Steven Strait) e i suoi compagni cercano di mantenere stabile il precario equilibrio tra pianeti. Ma conosceranno dei risvolti del tutto inaspettati e capiranno che non sempre la convivenza pacifica tra popolazioni diverse è possibile. Naturalmente, la loro missione non sarà affatto facile, a causa di varie minacce che sorgeranno nel nuovo mondo.
Allo stesso tempo, lontano anni luce, il nuovo Segretario Generale delle Nazioni Unite Chrisjen Avasarala (Shohreh Aghdashloo), rimane al centro degli intrighi politici che hanno da sempre caratterizzato lo show. L’OPA inizia la transizione del Behemoth e diventa ufficialmente un avamposto.
L’avvento di Amazon e lo spazio aperto
Inutile negarlo: il porting di The Expanse su Amazon Prime Video è coinciso con un notevole aumento del budget a disposizione. Ciò si è tradotto in un’espansione vera e propria dell’idea iniziale della serie, che da piccolo racconto basato sull’esplorazione è diventato un riflesso della fantascienza sociologica di una volta.
La cura delle immagini migliora notevolmente, garantendo a The Expanse paesaggi molto in riga con quanto viene raccontato, quasi stessimo assistendo ad una versione “video” della celebre saga di videogiochi Mass Effect. La narrazione, da particolareggiata, diventa corale e riesce a coinvolgere una moltitudine di storyline senza avere il benché minimo crollo. Si ha, a tutti effetti, un mondo espanso (che non a caso è in linea con il titolo del prodotto) che diventa sempre più interessante da visionare. Merito anche di una regia compatta, la miglior messa in scena della serie fotografata in modo davvero incredibile. E la minuzia nelle ambientazioni (seppur in digitale) regala allo spettatore davvero la sensazione di guardare vicende ambientate su mondi extraterrestri.
Nonostante ciò, la serie non perde i suoi caratteri principali, ovvero una certa propensione “western” (sia nelle battaglie, fisicamente dure, che nelle esplorazioni) e soprattutto una caratterizzazione dei personaggi che funziona. Se da una parte abbiamo uno Steven Strait e una Dominique Tipper molto intensi, dall’altra assistiamo ad una crescita esponenziale di Amos (Wes Chatham) e di Alex (Cas Anvar), entrambi molto più prepotenti in scena. Chiude il cerchio il ritorno di un profondamente enigmatico Thomas Jane, con il suo Joe Miller “coscienza”. A lui è assegnato il ruolo filosofico della serie, che ricopre perfettamente.
Dalla parte marziana, assistiamo ad una notevole cura delle vicende intime di Bobbie Draper (un’ottima Frankie Adams), che ci regala una prestazione molto più scenica, fatta di sguardi attraverso cui si specchia l’animo stesso di Marte. A lei tocca la parte più “straziante” della serie, riuscendo ad equilibrare momenti esaltanti con altri molto più toccanti. Un’ottima crescita.
Nuovi ambienti, vecchi difetti
The Expanse, nonostante tutto, resta prigioniera dei suoi demoni, quelli che la tormentano da una vita. Ancora una volta, la serie parte con un ritmo davvero lento, che rende difficile e monotona la visione soprattutto durante la prima parte. I fili narrativi si prendono il loro tempo, per poi esplodere nella seconda metà. Inoltre, se si deve trovare una pecca vera, è il montaggio delle scene. L’alternarsi tra 16:9 e widescreen strania e non poco lo spettatore, che si trova ripetutamente faccia a faccia con cambi di visualizzazione a lungo andare disturbanti.
Questo comporta un fascino minore rispetto alle scorse stagioni. The Expanse 4 è una stagione più “spartana”, legando a sé un’unica corda su cui si tengono tutti gli episodi. Un’arma a doppio taglio, in quanto, essendo completamente legati tra loro, le puntate si sviluppano in modo poco lineare. La coerenza non viene meno, certo, ma gli spettatori troveranno alcune difficoltà nel portare a termine la visione di alcuni episodi.
Certo, sono difetti “vecchi”. La serie nata SyFy li ha sempre avuti, non è nuova a queste piccole piaghe. Ma nel complesso il miglioramento si nota eccome. Grazie mille, dunque, ad Amazon per aver dato l’opportunità ad un’ottima serie di risplendere ulteriormente.
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